Milano«David Mills fu corrotto da Silvio Berlusconi»: ma chiedere a Berlusconi la sua versione sui suoi rapporti con lavvocato inglese è, secondo la Procura generale di Milano, del tutto irrilevante per decidere sulla colpevolezza o linnocenza di Mills. Convocare il presidente del Consiglio in aula - come chiedono i difensori - allungherebbe inevitabilmente i tempi del processo dappello a Mills. E invece lobiettivo della Procura è arrivare ad una condanna-bis del legale britannico in tempi stretti, così da scansare i rischi di prescrizione. Di conseguenza il procuratore generale Laura Bertolè Viale ieri chiede e ottiene che il processo viaggi senza interruzioni: «Tanto Berlusconi ha già detto sui giornali e su internet che lui questo avvocato Mills neanche sa chi sia». Così già il prossimo 27 ottobre - secondo quanto annunciato ieri dai giudici dappello - arriverà la sentenza.
Per Mills, la pubblica accusa ha chiesto la conferma senza sconti della condanna a 4 anni e mezzo di carcere inflittagli in primo grado per corruzione in atti giudiziari: limputato non merita attenuanti a causa della «callidità» dimostrata. La Procura generale ritiene che la colpevolezza di Mills sia dimostrata innanzitutto dalla sua confessione, dalle dichiarazioni - rese prima al suo fiscalista inglese, poi ai pm milanesi - in cui ammetteva di avere ricevuto 600mila dollari dal gruppo Fininvest come ringraziamento per i «trucchetti» con cui aveva schivato le domande più imbarazzanti sulla contabilità estera del gruppo di Berlusconi. Sono dichiarazioni che Mills ha poi ritrattato. Ma per la Procura il vero Mills è il primo, quello che confessa. Alla richiesta di condanna-bis si associa lavvocatura dello Stato, a nome della presidenza del Consiglio che si è costituita parte civile.
Appello-lampo, insomma, per arrivare in primavera alla condanna definitiva di Mills davanti alla Cassazione: un precedente da far pesare sul processo per le stesse accuse a Silvio Berlusconi, che era stato sospeso in base al Lodo Alfano e che riprenderà nel giro di qualche settimana dopo lannullamento del «Lodo» da parte della Corte costituzionale.
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