Sondaggi a picco e pochi soldi: la crisi senza fine dei dem Usa

I Democratici Usa sono in crisi profonda: calano nei sondaggi, perdono consensi tra i propri elettori, faticano a raccogliere fondi e non hanno una leadership chiara per il dopo-Biden

Sondaggi a picco e pochi soldi: la crisi senza fine dei dem Usa

Donald Trump ha un problema con i sondaggi e gli indici di gradimento. Ma c’è chi è messo molto peggio. Negli ultimi giorni, una serie di rilevazioni ha fotografato un Partito Democratico in crisi profonda.

Secondo un sondaggio del Wall Street Journal, la sinistra americana registra numeri drammatici, con il peggior risultato degli ultimi trent’anni. Il 63% degli elettori ha un’opinione negativa dei Democratici, il dato più alto dal 1990. Solo il 33% esprime un’opinione positiva. Una forbice di oltre trenta punti percentuali, peggiore di quella che affligge Trump (meno 7 punti) e il Partito Repubblicano (meno 11 punti).

Come ha osservato il Journal, i Democratici — reduci dalla pesante sconfitta elettorale del 2024 — non riescono a convincere gli elettori di poter fare un lavoro migliore rispetto all’ex presidente. In sostanza non vengono percepiti come un'alternativa. Il quadro è ancora più preoccupante se si confrontano i numeri con il partito Repubblicano. Bastano tre esempi. Sul dossier inflazione Trump è sotto di 11 punti (cioè la differenza tra chi approva e disapprova l'operato del presidente), ma i repubblicani hanno un vantaggio di 10 punti sui dem sulla gestione dell'economia. Parlando dei dazi, invece, il Gop viene ritenuto più affidabile dei dem con sette punti di vantaggio. Infine sulla questione migranti la vera sorpresa. Gli americani hanno dubbi sul modo muscolare con cui The Donald gestisce il confine, in particolare su detenzioni e deportazioni, eppure i Repubblicani vengono ritenuti più affidabili dei democratici con ben 17 punti di vantaggio.

Intanto cresce il numero di cittadini che si identifica come Repubblicano, superando per la prima volta in oltre trent’anni chi si definisce Democratico. Il sorpasso è avvenuto subito dopo la vittoria di Trump nel novembre 2024, quando gli elettori che si dicevano vicini al Gop erano il 4% in più dei dem, mentre oggi, nonostante una figura divisiva come Trump, il vantaggio è di un punto.

Nel 2017, in una situazione simile a metà del primo mandato di Trump, gli elettori che si identificavano come Democratici erano il 6% in più rispetto ai Repubblicani. Oggi è tutto cambiato.

In generali sono tanti i sondaggi che registrano questi problemi per la sinistra americana. Unite the Country, un grosso pac democratico, cioè comitato che raccoglie fondi per candidati e partiti, ha cercato di capire le ragioni di questo flop. Ha condotto un’analisi a tappeto in 21 contee contese e in una decina di Stati per scoprire che dopo quasi nove mesi dalla sconfitta la percezione degli elettori non è cambiata di un millimetro.

Il sondaggio ha fotografato un elettorato deluso che ritiene l’asinello, troppo woke, troppo debole e fuori dal mondo. A maggio in un altro sondaggio ancora pubblicato da Associated Press ha mostrato che gli elettori democratici sono molto preoccupati, con il 57% che ha una visione pessimistica del futuro stesso della sinistra.

Crolla anche la raccolta fondi

I sondaggi non sono l’unico problema. I Democratici devono affrontare anche un crollo nella raccolta fondi. Nella prima metà dell’anno, il Comitato Nazionale Repubblicano ha incassato circa 70 milioni di dollari, mentre i Democratici si sono fermati a 66 milioni. Si tratta di un calo del 20% rispetto allo stesso periodo del 2021, durante il primo anno della presidenza Biden.

Secondo fonti interne al partito, uno dei principali ostacoli non riguarda tanto i grandi finanziatori quanto i piccoli donatori. Le strutture statali del partito faticano a raccogliere fondi dalla base, troppo legate a un partito nazionale che ha perso popolarità. Il sondaggista dem John Anzalone ha detto al Wsj che lo stato del partito è preoccupante: "Il marchio democratico è così scadente che non hanno la credibilità necessaria per criticare Trump o il Partito Repubblicano". Per Anzalone la ricetta per risalire sarebbe una sola: "Finché non si riconnetteranno con i veri elettori e classe operaia, spiegando bene chi sono e qual è il loro messaggio economico, avranno dei problemi".

Il paradosso è che i Democratici potrebbero anche riprendere il controllo del Congresso nel 2026, com’è spesso accaduto nelle elezioni di metà mandato. Ma una vittoria del genere rischia di essere interpretata più come un voto “contro Trump” che “a favore dei Democratici”.

sondaggi dem Usa
L'indice di gradimento per il partito democratico nel corso degli anni. (fonte: Strength in Numbers)

Un partito diviso in due

Il caos è evidente anche per l’incapacità delle diverse anime del partito di trovare una sintesi. Da un lato, l’ala moderata e storica, legata all’establishment, mantiene una certa influenza ma è sempre più contestata. Per molti elettori, non si oppone abbastanza a Trump e non propone un vero cambiamento.

Secondo un sondaggio condotto per la newsletter dell’analista Elliott Morris, a pesare di più sul calo di gradimento del partito democratico sono proprio gli elettori “molto liberal”. "Dai nostri dati", scrive Morris, "circa il 20% dei Democratici che si definiscono "molto progressisti" ha un'opinione sfavorevole del partito. Questo dato si confronta con solo l'8% dei Repubblicani "molto conservatori" che hanno un'opinione negativa del GOP".

Dall’altro lato, c’è l’ala radicale e socialista, guidata da Alexandria Ocasio-Cortez e Bernie Sanders. Dopo la vittoria di Trump è stata la più attiva nell’opposizione. Con lo Stop Oligarchy Tour ha riempito le piazze americane e continua a raccogliere fondi: solo Ocasio-Cortez ha racimolato oltre 15 milioni di dollari nel 2025.

Resta però una domanda: questa svolta radicale può davvero riconnettere il partito con l’intero elettorato? Un primo test arriverà dalle elezioni di New York, dove la componente moderata — rappresentata da Andrew Cuomo — sfiderà quella radicale guidata da Zohran Mamdani.

Nessuna leadership all’orizzonte

Gli elettori Democratici chiedono una voce forte e chiara. L’uscita di scena di Joe Biden e la sconfitta di Kamala Harris hanno lasciato il partito senza una guida riconosciuta.

Secondo un sondaggio YouGov-Economist, le uniche figure con saldo positivo fra gradimento e disapprovazione sono Bernie Sanders ed Elissa Slotkin, giovane senatrice del Michigan. Seguono JB Pritzker, il combattivo governatore anti-Trump dell’Illinois, Alexandria Ocasio-Cortez e Pete Buttigieg. Pochi nomi, forse troppo pochi, per affrontare con forza le presidenziali del 2028.

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