Il Cavaliere zittisce i fischiatori: «Così mi convincete a restare»

Cinisello Balsamo (Milano)Comizio in piazza Gramsci, nella ex Leningrado d’Italia, alla vigilia del ballottaggio che può spazzare via la sinistra anche dalla Provincia di Milano. Silvio Berlusconi sceglie la più difficile delle arene per mostrare ancora una volta che la migliore difesa è l’attacco.
Partono fischi e contestazioni. Il premier dal palco li copre alzando la voce nel microfono: «È inutile che speriate di buttare giù il governo e la maggioranza con trame giudiziarie e attacchi mediatici. Più continuate a fare così e più mi convincete a restare. Siete dei poveri comunisti, mi fate pena, mi fate disgusto!». Punta l’indice, fa le corna, allarga le braccia, porta le mani sulla bocca. Li accusa di essere totalmente incapaci: «Non capiscono niente di psicologia, potrei anche stancarmi e andarmene a casa, ma finché continuano così resterò al mio posto!».
Piazza pienissima nonostante le minacce di pioggia, ai lati si agita un gruppetto di contestatori armati di fischietto verde. Megafoni, cartelli con su scritto «io sono pulito». Urlano: «Dimettiti! dimettiti!». Berlusconi sembra una pila che si carica di energia negativa per rispedirla al mittente: «Vergogna! Vergogna! Sono puri odiatori e invidiatori! Tra noi e loro c’è una differenza antropologica, noi non saremmo mai andati a disturbare un incontro dei nostri avversari, perché noi siamo uomini democratici e di libertà!». E invece: «Qui c’è qualcuno che è all’asilo della democrazia e della libertà. Siete analfabeti della libertà! Tornatevene a casa».
La folla batte le mani, lo incoraggia, gli fa gli echi. Lui alterna pacate analisi politiche a momenti in cui si scatena, come quando parla degli aiuti ai terremotati dell’Abruzzo: «Io non mi indigno mai ma questa settimana mi sono davvero indignato. Dopo che il governo all’Aquila si è impegnato a dare a tutti un tetto entro novembre, hanno organizzato una manifestazione di protesta». L’analisi è impietosa: «Strumentalizzate la paura, la speranza, i morti! Non avete dignità, non sapete che cosa sia la libertà, la democrazia, mi fate pena». Diventa sarcastico: «Sono incazzati dal mattino, perché quando arrivano davanti allo specchio vedono la loro faccia».
Poi l’arrabbiatura si stempera nel calcio: «Per me è una religione laica, parleremo del Milan e di Kakà e anche dell’Inter, ma con toni civili. Parleremo senza odio perché noi sappiamo che cosa sia il rispetto». Arriva una delle sue barzellette. «Silvio Berlusconi muore e va all’inferno, perché all’inferno leggono Repubblica e l’Unità» e giù risate.

Ma da imprenditore riesce a proporre riorganizzazioni dei gironi che gli consentono di arrivare in paradiso. Anche lì, propone un restyling. «Dice il Padreterno: “Sì, questa spa mi va bene, non capisco solo una cosa: perché io dovrei essere vicepresidente?”». Dal cielo arrivano le prime gocce, dalla piazza ancora applausi.

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