Antonio Lodetti
E dopo il «dream concert» arriva lincubo. Lanima in pena di Neil Young continua a giocare con la medaglia e il suo rovescio, ricordando tenacemente a tutti che la musica è vita, ovvero un urlo che a volte sprofonda nel dramma, che la voce è rantolo più che bel canto, che rock fa rima con country. Così dopo aver celebrato lAmerica rurale con Prairie wind, uscito solo otto mesi fa, il cantautore torna nel mare agitato del rock con Living with war, album elettrico, sporco, graffiante, che gronda rabbia contro la guerra dalla prima allultima nota e dalla prima allultima parola. I testi sono semplici, quasi didascalici (in Lets impeach the president, accompagnato da un coro di cento voci canta: «Incriminiamo il presidente per aver mentito e portato con linganno il nostro paese in guerra abusando del potere che gli abbiamo dato»; in Looking for the leader chiede: «Cerchiamo un leader che riporti il paese a casa riunendo il rosso il bianco e il blu... Spero che ci ascolti, e che sia una donna o un nero... può darsi che sia Obama o Colin Powell a distinguere il bene dal male») ma interpretati con passione su chitarre distorte, basso e batteria (Rick Rosas e Chad Cromwell) durissimi e a tratti una tromba.
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