da Roma
«Devi querelarlo!» urlano i senatori di Alleanza nazionale mentre Domenico Gramazio sventola una copia del Financial times di mercoledì; quello con l’intervista nella quale Marco Tronchetti Provera conferma l’accusa più grave al presidente del Consiglio: sapeva tutto, sapeva del piano di scorporo di Tim dal gruppo di telecomunicazioni. Oggetto delle contestazioni, lo stesso Romano Prodi che ieri ha tenuto la seconda informativa urgente sul caso, dopo quella della Camera. E se i toni di Palazzo Madama sono stati un po’ meno vivaci di quelli di Montecitorio, la sostanza non cambia. La novità è, appunto, l’intervista all’ex presidente di Telecom che smentisce le tesi esposte da Prodi alla Camera. Ma le sollecitazioni dei senatori mentre il premier legge impassibile il suo discorso cadono nel vuoto. A ripetere la richiesta ci pensa l’Udc Rocco Buttiglione: l’ex presidente di Telecom - dice rivolgendosi al presidente del Consiglio - «le ha cortesemente dato del bugiardo però non mi risulta che lei abbia sentito l’elementare dovere di dare mandato ai suoi avvocati per querelarlo».
L’altra cosa che salta agli occhi dei senatori è l’isolamento politico del Professore. Tasto sul quale battono in molti. «La vediamo come uomo solo. Al suo fianco - osserva il presidente dei senatori di Forza Italia Renato Schifani - vediamo pochi ministri se non alcuni per atto dovuto, quello ai Rapporti con il Parlamento e quello delle Comunicazioni. Eravano abituati a ben più massicce presenze quando Berlusconi veniva in Parlamento». Conclusione: Prodi «cadrà in Senato. E non tra molto tempo».
«Il rapporto con la sua maggioranza è andato in crisi», è la tesi di Buttiglione. «Guardi come sono deserti i suoi banchi, quanti pochi senatori hanno sentito l’urgenza di sostenerla in un momento simile. Domani con questa incrinatura dovrà fare i conti. Il mio partito è spesso accusato ingiustamente di offrirle una stampella. Ma quando si prende un capitombolo come questo non ci sono stampelle che reggano. Se si cade così si perde la fiducia del Paese e si rimane nel fango».
Il centrodestra non crede che Prodi fosse all’oscuro dello scorporo di Tim. Ma non ritiene possibile nemmeno che non sapesse nulla del piano stilato da Angelo Rovati, dove si ridisegna il futuro del gruppo, con lo scorporo della rete. «Ci ha abituato al motto “io non so niente”. Lo aveva già fatto con Telekom Serbia. Quando ci sono questi scandali di solito Prodi non c’è oppure è distratto», protesta Schifani. «Non ci si venga a dire che non sapeva niente di questo piano. Ma come, il consulente economico del Presidente del Consiglio invia il piano di ristrutturazione che coinvolge anche lo Stato, lo fa all’insaputa del suo datore di lavoro e lui non lo manda a casa? Non lo licenzia come avremmo fatto tutti? Ma se non lo ha fatto - osserva l’esponente azzurro - è perché non lo poteva fare».
L’accusa di dire bugie in Parlamento diventa una risoluzione della Lega Nord, annunciata da Ettore Pirovano. Le comunicazioni del premier, secondo il Carroccio, sono «in palese contrasto con la realtà» e quindi offendono il Senato. Anche la Lega insiste sull’isolamento di Prodi: «I suoi alleati hanno capito e non sanno come fare. Qualcuno si è illuso ancora una volta di poterla controllare. Quando vedremo un altro cambio di poltrone come quello del ’98?».
Si continua a parlare di Prodi anche fuori dall’Aula. Il senatore azzurro Maurizio Sacconi, ex ministro del Welfare, è deluso perché in questi giorni Forza Italia ha incontrato i sindacati delle telecomunicazioni.
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