Ceccarelli, un oro in crisi «Ma a San Sicario ci sarò»

Maria Rosa Quario

Daniela Ceccarelli sposata in Colturi, anni 30, campionessa olimpica in carica di superG. Con un piccolo problema: conquistare il posto nella squadra italiana che andrà a Torino. Oggi e domani, a Cortina, giornate decisive per la selezione. Si comincia con un superG, si continua con una discesa, si chiude domenica con un gigante. Daniela non trema.
«Siamo tutte in ballo, lo so, ma sono calmissima, dentro di me ho la sicurezza che a San Sicario io ci sarò, e non solo perché abito lì vicino».
Eppure in questa stagione le cose non sono andate tanto bene.
«Il miglior risultato, un 8° posto in discesa, è arrivato in Val d’Isère, proprio dove lo aspettavo di meno. Poi i soliti alti e bassi e ultimamente i problemi interni con lo skiman che mi seguiva da cinque anni. Alcuni malintesi e la reciproca perdita di fiducia hanno portato alla rottura, da alcuni giorni affido i miei sci a Gigi Parravicini, oggi finalmente andrò in partenza serena».
Cosa sente di diverso rispetto alla vigilia olimpica del 2002?
«Mi sento diversa in tutto: allora, alla mia prima esperienza, vivevo nella convinzione che l’olimpiade fosse qualcosa di speciale. Ora so che si tratta di gare come tutte le altre».
Però vincere ai Giochi non è come vincere un’altra gara, e lei dovrebbe saperlo bene.
«Come no! E so bene che sono in molti a pensare che quel giorno a Snowbasin vinsi solo per un colpo di fortuna. Ma non ci faccio caso. Chi mi conosce e sa quello ho fatto per arrivare a certi livelli non la pensa così. Isolde Kostner era una di queste persone. Io non sono una fuoriclasse come lei, sono cresciuta nella convinzione che solo il lavoro paga e se ho raggiunto dei risultati è solo grazie al lavoro duro. Non ho mai mollato e quindi credo che l’oro olimpico sia stato un premio meritato».
È stata dura non riuscire a confermare l’oro del 2002?
«Temevo peggio, in realtà nessuno mi ha massacrata. D’altra parte, la crisi mi ha anche fatto aprire gli occhi. Dopo il successo avevo all’improvviso un battibaleno appena i risultati sono mancati. Ultimamente mi sono chiusa a riccio, ho selezionato le amicizie».
Facciamo gli ottimisti e inseriamola nel quartetto olimpico. Discesa e superG femminili si correranno a San Sicario, pista contestata lo scorso febbraio in occasione delle preolimpiche, una pista di cui suo marito è il direttore. Che effetto fa?
«Dall’anno scorso sono state fatte molte modifiche e sarà più difficile. A dicembre l’abbiamo provata a pezzi, la velocità era più alta, il terreno era più mosso, ora ci stanno lavorando ancora e sono sicura che sarà bella. Quanto a mio marito, non ho avuto vantaggi e per questo a un certo punto avevo quasi pensato di divorziare! Scherzi a parte, è stato irremovibile, le ho provate tutte per cercare di avere un aiuto, ma zero, non ha ceduto e durante le vacanze di Natale mi sono dovuta accontentare di sciare in mezzo ai turisti. Salivo prestissimo per trovare poca gente e potermi lanciare in velocità, ma in pratica non ho mai potuto farlo. Un giorno ho deciso di aspettare la chiusura degli impianti, prima o poi la gente se ne andrà, mi sono detta, macché, erano tutti nei rifugi e uscivano poco alla volta, così in pista c’era sempre qualcuno e alla fine è venuto buio. Ero furibonda».
Sarà un vantaggio o uno svantaggio gareggiare in casa?
«Sarà di sicuro un’opportunità unica, io faccio mille sogni su quella gara e su quella pista, poter sognare nella vita è bello».
Cosa è cambiato in squadra dopo l’addio della Kostner?
«È cambiato che ora sono la più vecchia, con cinque anni in più della Recchia! Il salto generazionale si sente, le giovani sono più rilassate, sdrammatizzano tutto, dovrei imparare da loro, ma non ce la faccio».
Cosa pensa della portabandiera italiana Carolina Kostner?
«Nulla, perché non la conosco.

So dei suoi risultati, ma ad essere sincera io come portabandiera avrei visto bene Kristian Ghedina: nessuno come lui incarna lo spirito olimpico. Ha 36 anni, è un atleta felice e positivo, uno sportivo vero, ha dalla sua i risultati e la storia, insomma, sarebbe stato il massimo».

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