La cedolare scende al 21% ma niente aumenti degli affitti

RomaSi riduce il prelievo fiscale sugli affitti con la cedolare secca, che varia fra il 19% sui canoni concordati e il 21% su quelli liberi di mercato. Ma allo stesso tempo i proprietari che applicano la cedolare non potranno aumentare l’affitto durante la durata del contratto, neppure con l’adeguamento Istat. Si sbloccano inoltre già dal 2011 le addizionali Irpef (fino allo 0,4% in due anni) anche con effetto retroattivo: i Comuni hanno tempo fino al 31 marzo prossimo per deliberare per quanto riguarda l’anno scorso.
Sono le principali novità nel nuovo testo sul federalismo municipale che il ministro Roberto Calderoli ha presentato ieri alla commissione bicamerale per l’attuazione del federalismo fiscale. Il decreto delegato, su cui la bicamerale voterà il 3 febbraio, fissa anche l’aliquota della nuova imposta municipale (Imu) che dal 2014 sostituirà l’Ici: lo 0,76%, che potrà essere aumentato dal governo. Esclusi dall’Imu tutti gli immobili del Vaticano e scuole, ospedali, alberghi e oratori legati alla Chiesa. Arriva anche la nuova imposta di scopo per finanziare le opere pubbliche: entro il 31 ottobre, la disciplina della finanziaria 2007 andrà rivista, individuando le opere finanziabili anche per intero col gettito dell’imposta, la cui applicazione può durare fino a 10 anni.
La riduzione dell’imposta secca sugli affitti (nella versione precedente si prevedevano il 21 e il 23%) comporta alcune conseguenze: la principale, come detto, è il divieto di aumentare i canoni durante la durata della locazione, neppure secondo l’indice Istat anche se già previsto nel contratto. Inoltre, salta il fondo da 400 milioni di euro per l’aiuto alle famiglie in affitto. Le modifiche allarmano la Confedilizia: «Bisogna salvare la cedolare da ipotesi frutto di fantasie incomprensibili», osserva il presidente Corrado Sforza Fogliani.
Pur molto contestata dal settore turistico, l’imposta di soggiorno fino a un massimo di 5 euro al giorno, a seconda del costo della stanza d’albergo, viene estesa ai piccoli Comuni turistici, o elencati fra le città d’arte. Potrà essere applicata autonomamente se il regolamento del governo non arriverà entro due mesi. Eguale discorso per l’addizionale Irpef: i Comuni potranno agire se entro due mesi il governo non avrà varato l’apposito regolamento. I Comuni con oltre 10mila abitanti potranno anche stabilire aliquote diverse dell’addizionale Irpef, nei limiti del massimo fissato dal governo, in relazione agli scaglioni di reddito. In sostanza, l’addizionale può essere diversa a seconda del reddito dei cittadini.
I Comuni sono siddisfatti delle modifiche: «Vanno nella giusta direzione», afferma l’Anci.

Su questo testo aleggia tuttavia una incognita politica: il Pd voterà contro, sostenendo che il governo «mette le mani nelle tasche dei cittadini», e il senatore di Fli Mario Baldassarri sembra orientato verso il «no». Il presidente della Bicamerale Enrico La Loggia ha perciò chiesto ai presidenti delle Camere, Schifani e Fini, un parere «insindacabile e univoco» sulle conseguenze di un eventuale pareggio.

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