Cedolare secca o presa in giro

Quella della cedolare secca sugli affitti, per rilanciare per davvero la locazione e combattere l’evasione, è una storia infinita, che fa riflettere. Romano Prodi la promise per iscritto alla Confedilizia prima delle elezioni, il 3 aprile 2006. Il vicepremier Francesco Rutelli si distinse in una personale campagna d’appoggio: «Io propongo risolutamente di ridurre le tasse sugli affitti e portare tutta la tassazione delle locazioni al 20%, esattamente come i Bot, esattamente come le rendite finanziarie e così via. È giusto. Perché è giusto sganciarlo dal reddito delle persone. Ottieni due vantaggi: quello di mettere più case sul mercato e di avere secondo me, alla fine, pure più introito per lo Stato in quanto tanti affitti sono in nero».
L’ultima puntata è del ministro dell’Economia, Tommaso Padoa Schioppa, alla trasmissione In mezz’ora (18 febbraio 2007). «È una cosa possibile. Per chi oggi dichiara correttamente l’imposta, l’aliquota è quella dell’Irpef, che è molto spesso superiore al 20%. E quindi se si scendesse, per così dire, al 20%, ci sarebbe una perdita di getto importante, che andrebbe finanziata in altro modo». Ma oggi, i mezzi ci sono: tant’è che il premier Prodi, nel discorso per la fiducia al governo, ha parlato di possibili detrazioni Ici (costo calcolato dai tecnici del ministero, tra i 2 e i 2,5 miliardi: il doppio del 20 per cento). Il problema, allora, è solo politico? Forse. C’è l’opposizione di chi - coop edilizie in primis - vuole costruire alloggi popolari (ma servono a niente: vanno ai prepotenti, non ai bisognosi) e non vuole lasciare allargare l’area della locazione.

Anche sindacati e politici vogliono sempre che si costruisca, per mettere poi le mani nelle assegnazioni e altro. Ma sarebbe ora di mantenere le promesse, e di guardare seriamente al problema, senza condizionamenti di parte.
*presidente Confedilizia

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