Sembra impossibile, ma Adriano Celentano, famoso per gli interminabili monologhi, vuole togliere la parola ad Adriano Celentano. La casa editrice Barbera avrebbe (condizionale d’obbligo, come vedremo) intenzione di pubblicare, in febbraio, il libro Celentano Talk, antologia delle interviste pubblicate dal Molleggiato a cura del giornalista Umberto Piancatelli. Il volume, annunciato dalle librerie on line tra le novità in arrivo fin da dicembre, si è scontrato con un grosso ostacolo. L’operazione infatti è sgradita al Clan.
Mentre il tomo, piuttosto corposo perché copre cinquant’anni di carriera, è in lavorazione, arriva a Piancatelli una lettera dell’avvocato di Celentano, il quale comunica, per esplicito desiderio del cantante, la «non volontà di concedere la richiesta autorizzazione alla pubblicazione in un libro delle sue interviste». Motivo: anche «l’intervista già pubblicata è soggetta a diritto d’autore» e «l’autore dell’intervista può identificarsi nell’intervistato». Quindi non si può procedere senza l’assenso di Celentano stesso. Che non c’è. Segue una richiesta di chiarimenti sulla natura di Celentano Talk.
L’editore ora risponde con una lettera ai quotidiani, proprio nei giorni in cui Celentano si è spacciato, ancora una volta, come vittima della tentata censura Rai, ed è quindi al centro dell’attenzione dei media. Un primo tentativo di far conoscere la vicenda era caduto nel vuoto.
Naturalmente c’è la questione giuridica, assolutamente centrale, alla quale Gianluca Barbera non intende sottrarsi: «Va da sé che agiremo nel massimo rispetto della legge: se Celentano ha ragione, se cioè ha il diritto di impedirci la pubblicazione del libro, ci guarderemo bene dal pubblicarlo». L’editore però sostiene di aver «ricevuto per iscritto il nullaosta degli editori che a suo tempo hanno pubblicato» le interviste. Cosa che «parrebbe sufficiente, stando alla lettera della legge» per procedere alla pubblicazione. (Anche se l’avvocato di Celentano, ovviamente, sostiene la tesi opposta, citando un paio di sentenze).
Poi c’è l’aspetto, per così dire, morale della faccenda. Celentano, scrive Barbera, «dalla Rai e non solo, per ogni suo intervento mediatico pretende, per contratto, la libertà più assoluta di parola (e in ciò lo comprendiamo); ma poi quando si tratta della libertà di espressione altrui, eccolo trasformarsi in un potenziale censore». Un comportamento, prosegue Barbera, «quanto meno incoerente».
Censura è una parola grossa. Perché tirarla in ballo in una questione che sembra riguardare il diritto d’autore? Il sospetto dell’editore, vedremo se suffragato dai codici, è che si tratti «solo di una sorta di tentativo di “fare la voce grossa” per scoraggiare un piccolo editore dal fare nient’altro che il suo mestiere». Se così fosse, sarebbe «doppiamente grave poiché è chiaro che una piccola realtà editoriale come la nostra possa sentirsi intimorita dalla eventualità di affrontare una causa contro un peso massimo contro Celentano».
Intimidazione? Difesa del copyright? Agli avvocati l’ultima, decisiva parola.
Fatto sta che il Molleggiato dichiara di infischiarsene della pubblicità e perfino dei compensi ma è molto attento alla sua immagine e al diritto d’autore. Qualcosa non torna. Non sarà che Celentano è un paladino della libertà ma solo a gettone (cospicuo) e dove ha il massimo del ritorno mediatico?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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