Politica

La cellula somala che dà sangue ad Al Qaida

Nel Corno d’Africa è cresciuta una nuova rete della guerra santa collegata a Bin Laden. E i corpi speciali Usa a Gibuti organizzano raid per smantellarla

Fausto Biloslavo

La Somalia è ancora «un paradiso per i gruppi terroristi» islamici, ma le strade senza legge di Mogadiscio sono teatro di una guerra sporca e lontana dai riflettori, dove la Cia paga clan locali per catturare o eliminare i membri di Al Qaida. La nuova rete della guerra santa della capitale somala risponde colpo su colpo, con gli stessi metodi, prende di mira anche gli italiani e ha contatti in Europa a cominciare dall’Inghilterra.
Un rapporto dell’International crisis group dell’11 luglio, sul contro terrorismo in Somalia, denuncia questa situazione. «Dal 2003 si segnala in Somalia la crescita di una nuova rete della guerra santa collegata ad Al Qaida», si legge nel rapporto. Il capo del gruppo, che ha la sua base principale a Mogadiscio, è Aden Hashi'Ayro, un giovane integralista, che si è fatto le ossa nei campi di addestramento afghani ai tempi dei talebani. Il suo padrino spirituale è lo sceicco Hassan Dahir Aweys «un noto leader del jihad a Mogadiscio». Lo sceicco somalo è l’ex responsabile militare del gruppo fondamentalista Al Ittihad, che però ha perso smalto e seguito a favore delle nuove leve di giovani somali-afghani come Ayro. Secondo il rapporto dell’Icg la nuova rete del terrorismo somalo «è implicata nell’assassinio di quattro operatori umanitari stranieri, della dissacrazione del cimitero italiano a Mogadiscio e garantisce appoggio logistico, protezione e falsa identità agli operativi di al Qaida». Fra gli stranieri uccisi c’è anche l’infermiera italiana, Annalena Tonelli, assassinata il 5 ottobre 2003 nel Somaliland, la zona settentrionale del Paese. Il gruppo del Jihad di Mogadiscio può contare anche su «centri di addestramento nelle regioni di Banaadir e del basso Shabelle».
Il coinvolgimento di Al Qaida in Somalia risale ai primi anni Novanta, quando l’intervento militare internazionale, sotto il cappello dell’Onu, al quale partecipò anche l’Italia, attirò Osama bin Laden, che voleva trasformare Mogadiscio «nella seconda Beirut del Corno d’Africa». In parte ci riuscì e l’intervento si rivelò un fallimento, ma la presenza di cellule di Al Qaida in Somalia è rimasta una costante fino ad oggi. Gli attentati alle ambasciate americane in Kenya e Tanzania, del 1998, furono organizzati grazie al retrovia somalo, come gli attacchi a Mombasa del 2002 contro un albergo frequentato da turisti israeliani e il tentativo di abbattere un volo di linea dell’El Al.
Il capo indiscusso della cellula nel Corno d’Africa è Fazul Abdullah Mohamed, uno dei terroristi di Al Qaida più ricercati al mondo. Secondo il rapporto dell’Icg, «usa documenti falsificati provenienti dal Regno Unito». Nel 2003, proprio da Londra dove era sotto i riflettori dell’antiterrorismo, arrivò in Italia «Mohammed il somalo». Quest’ultimo entrò in contatto con la filiera curda che inviava aspiranti kamikaze in Irak, attraverso la Siria. Mohammed il somalo venne arrestato nel contesto di un’inchiesta del pm milanese Stefano Dambruoso. Durante un’intercettazione di una conversazione con un altro arrestato, nella questura del capolugo lombardo, i due parlavano apertamente del «martirio» in nome di Allah, contro i «cani» occidentali servi di Washington.
Il braccio destro del capo di Al Qaida nel Corno d’Africa è Nabhan al-Sudani, che ha sposato una donna di Mogadiscio, dove era stato segnalato con certezza fino allo scorso anno. Altri ricercati di Al Qaida che avrebbero trovato rifugio in Somalia sono Ali Swedhan, Issa Osman Issa, Samir Said Salim Ba'amir e Mohammed Mwakuuza Kuza.
Da una base di corpi speciali impiantata a Gibuti gli americani organizzano raid in Somalia appoggiandosi sui clan rivali dei gruppi fondamentalisti. Le Sas britanniche sono intervenute nel sud della Somalia a ridosso del confine con il Kenya, dove i fondamentalisti avevano dei campi di addestramento. Nella guerra sporca e silenziosa che si combatte nel Corno d’Africa intervengono anche i corpi speciali etiopi, che colpiscono i gruppi fondamentalisti dell’etnia Oromo.


I somali-afghani di Mogadiscio reagiscono con decine di omicidi mirati di ex ufficiali dell’esercito o della polizia, della rete antiterrorismo messa in piedi dalla Cia.

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