Cellulare molesto? Ma la colpa non è sempre degli altri

La dipendenza da cellulare fa parte di una nuova categoria, quella delle dipendenze senza sostanza: sono comportamenti e relazioni problematiche, che si mostrano in relazione con gli oggetti, le attività, gli stili di vita, tutti nuovi bisogni indotti dalla nostra società. L’uso del telefonino sta diventando sempre più eccessivo: è ormai il mezzo privilegiato per comunicare e avere contatti con il prossimo e dimostra anche una incapacità a mantenere momenti di assenza di comunicazione.
Si registrano sempre più frequenti i casi di ansia, se il telefonino è scarico o non ha segnale. Quindi un disturbo che viene vissuto «fisicamente», sulla propria pelle. E questa dipendenza senza sostanza è molto pericolosa, perché meno riconoscibile, e meno consolidata nel quadro diagnostico. Ma il guaio è che rappresenta sempre di più la normalità. La dipendenza dal telefonino porta disturbo del controllo degli impulsi. Il cellulare impone una distanza fisica dall’altro, manca l’incontro faccia a faccia. Facendo mancare tutta una serie di importanti stimoli: visivi, olfattivi, tattili. Ormai con l’sms si litiga, si corteggia, lo si usa per tutto, creando un isolamento in cui vengono a mancare gli scambi relazionali. E in questa difficoltà non si cura la fantasia, non c’è crescita, perché ci si ritira dal mondo.
E anche i genitori non vivono la fase del distacco: con il cellulare i figli sono sotto controllo, si può intervenire per chiedere dove sono, cosa fanno, placano le loro ansie con un semplice messaggio. L’uso del telefonino è in alcuni casi un antidepressivo o ansiolitico multimediale. Lo si usa per combattere il cattivo umore. Ma ormai ha invaso la nostra vita: si telefona mentre si mangia, si lavora, si guida. Così non ci si concentra né su ciò che si fa, né sulla telefonata, che rimane una comunicazione incompleta.
Monfalcone

Caro Mauro, da utilizzatore di telefono cellulare chino umilmente il capo di fronte alla sua filippica. Per due motivi. Anzitutto perché i rilievi oserei dire sociologici (a proposito, peccato che Roland Barthes ci abbia lasciati prima della «fatale» invenzione, chissà quanti libri ci avrebbe ricamato sopra...) da Lei mossi non fanno una grinza. È tutto vero. Il «cellu», come molti vezzosamente lo chiamano, quasi fosse un amico tipo il Dani o la Ele, non è più al nostro servizio: siamo noi diventati una protesi del telefonino. E quando è scarico, porcaccia miseria, ci sentiamo anche noi con le pile scariche, impossibilitati a comunicare con chicchessia. Inoltre, e vengo al secondo motivo del mio cospargermi il capo di cenere, Lei tocca, forse inconsapevolmente, un tasto dolentissimo: quello dell’invadenza. Sono sempre «gli altri» a disturbare, trillando mentre sei appisolato in treno, chiacchierando mentre stai lavorando, messaggiando in prossimità della cassa del supermarket (con conseguente perdita di tempo)... Sono sempre «gli altri» a molestarci con quella sorta di «mobbing telefonico». Ma io dico: chi è senza peccato scagli la prima chiamata, o almeno il primo sms. Perché il cellulare, volenti o nolenti, è ormai entrato nella nostra vita, come un tempo accadde all’automobile, al pc portatile, alla lavatrice. E spesso gli altri, quelli che disturbano, siamo noi. Ora la saluto.

Mi scusi: sta suonando il cellulare.

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