Censura on line Da Cuba alla Cina cresce la paura di un contagio

I cinesi non devono sapere, né i cubani, né i birmani. Non devono vedere, non devono capire, quel che accade a Teheran. Perchè la storia ogni tanto si ripete e a Pechino, L’Avana e Rangoon non hanno dimenticato che cosa accadde nel 1989. Vent’anni fa non bastò soffocare nel sangue la rivolta sulla piazza Tienanmen per impedire il contagio della libertà, che infettò il Muro di Berlino fino a farlo cadere, debilitò l’impero sovietico preannunciandone la morte, scosse la Birmania. Allora Internet non esisteva, ma il messaggio si diffuse grazie alla televisione e dunque al potere delle immagini.
Oggi esistono anche i social-network, i telefoni cellulari, twitter, che permette di inviare messaggi istantaneamente a migliaia di persone. Il rischio che il virus si diffonda è molto più alto e simbolicamente si è già manifestato. Nei giorni scorsi in Cina molti blog hanno cambiato il colore del proprio sito, optando, ovviamente, per il verde e decine di migliaia hanno partecipato ai forum dedicati all’Iran, parteggiando quasi tutti per i ragazzi di Teheran. A Cuba, il popolo della Rete è stato a lungo in fermento. «Oggi siete voi a scendere per le strade, domani potrebbe toccare a noi», ha scritto un blogger dell’Avana a un internauta iraniano. In Birmania sono stati soprattutto i circa 200 giornaletti privati, finora tollerati dalla Giunta, a diffondere le notizie su quanto avveniva in Iran.
E inevitabilmente è calata la censura, nera come le tuniche degli ayatollah fondamentalisti. Le notizie sull’Iran non sono più gradite. Il governo di Pechino tollera i blog verdi, ma ha eliminato dal web tutte le immagini sconvenienti e ha cancellato migliaia di messaggi sui forum, lasciando solo quelli che esaltavano la normalizzazione imposta da Ahmadinejad. I telegiornali riferiscono solo le notizie diffuse dall’agenzia di stampa di Teheran e le immagini ufficiali delle tv sciite, banali e rassicuranti.


A L’Avana e a Rangoon la cura è stata ancora più drastica: delle elezioni non si parla semplicemente più. Il vuoto, il silenzio, su Internet e sui media ufficiali. Nella speranza - o forse nell’illusione - che la quarantena sia ancora efficace nell’era della tecnologia senza confini.
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