La Cina non ha paura di Internet, ha dichiarato ieri il ministero degli Esteri di Pechino. Ma per gli utenti cinesi laccesso al popolare sito di video sharing YouTube è ormai bloccato da lunedì sera. Per il governo cinese è politica abituale quella di filtrare i contenuti del web che potrebbero essere dannosi al Partito comunista. Una realtà non smentita ieri di fronte ai giornalisti dal portavoce del ministero degli Esteri Qin Gang: «Molta gente ha la falsa impressione che il governo cinese tema Internet. In effetti è esattamente linverso». Il portavoce ha specificato che i 300 milioni di internauti cinesi e gli oltre 100 milioni di blog mostrano che «Internet in Cina è aperto, ma ha bisogno di essere regolato dalla legge per prevenire il diffondersi di informazioni dannose per la sicurezza nazionale». Il portavoce ha aggiunto di non sapere nulla riguardo al blocco di YouTube. Laccesso al popolare sito è stato intermittente dallinizio di marzo, più o meno in coincidenza con il primo anniversario delle proteste in Tibet.
In gennaio, in un blitz contro il web, centinaia di siti cinesi erano stati chiusi, o resi inaccessibili. Tra le pagine web ormai invisibili ci sono popolari blog e siti popolari fra gli studenti tibetani. La «stretta» era stata descritta dagli analisti come un altro passo nella battaglia del Partito comunista contro i dissidenti, in un anno segnato da importanti anniversari, inclusi i 20 anni dalla rivolta, soffocata nel sangue, di Piazza Tienanmen. Secondo quanto scrive la Bbc, YouTube sarebbe stato oscurato dopo la messa in rete di un video che mostra un gruppo di soldati cinesi fare irruzione in un monastero tibetano e malmenare monaci, alcuni dei quali per terra e con le mani legate.
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