Centocelle, com’era verde quel campetto

Disfacimento, incuria, abbandono. L’ex campo del Trulli, a via dell’Aeroporto di Centocelle, oggi come oggi vale meno di un campo di patate. Eppure quando Luciano Zaccardi decise di prenderne le redini in mano, le prospettive erano ben altre.
Tanta la passione - su quel terreno di gioco lo stesso Zaccardi aveva disputato intere stagioni nelle categorie inferiori - e un unico sogno: quello di offrire un’opportunità di svago a tanti ragazzini che, in quel fazzoletto di terra fra la Casilina e la Tuscolana, avrebbero corso a perdifiato dietro a un pallone, con la speranza di diventare poi un Totti o un Di Canio. Invece qualcosa non è andato per il verso giusto. Colpa del gestore, che nel frattempo aveva trasformato quel piccolo complesso sportivo nel nuovo Roma Z3? No, lui in questa vicenda c’entra poco, praticamente è una vittima. Non un martire, ma un imprenditore che ci ha rimesso tanti soldi a causa di una burocrazia che continua a regnare sovrana anche quando non servirebbe.
«Subentrai nel 1991 al signor Trulli. Volevo rinnovare la struttura, investirci capitali per migliorarla», spiega il 43enne imprenditore romano. Poi, 6 anni e tante ristrutturazioni dopo (fogne, illuminazione, spogliatoi, parcheggio, la costruzione di tre campi di calcio a cinque, tutto a carico di Zaccardi), la mazzata: la problematica del «serbatoio acqua». L’Acea aveva bisogno di ampliare la cisterna già esistente poco distante (a via degli Angeli, ndr) e di crearne un’altra che fornisse acqua in altri punti di Roma. Insomma, al fine di realizzare un’opera di pubblica utilità, tutta l'area del complesso sportivo avrebbe dovuto subire un esproprio. Zaccardi, posto davanti al problema «pubblico», alzò bandiera bianca. Ma la sua domanda fu inevitabile: «Che alternativa offriremo ai ragazzi che frequentano il nostro centro?». Una promessa, sia pure solo verbale, il gestore la ricevette pure: verrà realizzata un’area alternativa. Trascorrono, inesorabili, i mesi. A giugno del ’98 la giunta capitolina approva il progetto definitivo dell’ampliamento del serbatoio idrico casilino. Logica conseguenza: l’Acea occuperà per un lustro i 14.850 metri quadri dell’area. Però l’azienda comunale avvisa solo il proprietario del terreno (l’Istituto salesiano di Torino), e al gestore del Roma Z3 non arriva neanche la copia della delibera. I lavori sarebbero poi cominciati nell’aprile 2000, dopo una serie di ricorsi che rallentarono almeno l’iter della vicenda. E, nel frattempo, le associazioni continuarono a svolgere le proprie attività. Nessuno sarebbe però riuscito a fermare la macchina burocratica. Prima presero il via i sondaggi archeologici, poi, a giugno dello stesso anno, l’addio delle squadre e delle rispettive scuole calcio, costrette a emigrare. All’ex Trulli morì così un’attività fisica datata almeno un quarantennio. Zaccardi continuò a pagare di tasca propria, il suo sogno non doveva svanire. Nel dicembre 2002 riuscì a far intervenire perfino l’Assessorato comunale allo sport. Gli venne esternata solidarietà per il «poco tatto con cui è stato trattato il problema». Ma ormai era tardi. Oggi, Luciano Zaccardi riparte da zero. Dopo un esproprio non effettuato con i guanti bianchi e con la volontà di riportare bambini e ragazzi sul suo campo.

«Ci riuscirò. Non lo faccio per guadagnarci, per ammortizzare questi anni senza un briciolo di attività ce ne vogliono almeno il doppio per pareggiare i conti». Ha cominciato i lavori e a maggio spera di tagliare il nastro.

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