Centristi succubi

Gianni Baget Bozzo

La decisione dell'assemblea della Margherita non è maturata di colpo, ma è il frutto di un processo che si era già manifestato nella candidatura di Cacciari a Venezia contro Casson portato dai Ds. La ragione è certamente il fenomeno del collasso dei partiti della Casa delle libertà che ha ricondotto le componenti postdemocristiane a ritrovare il collegamento fra di loro oltre la struttura imposta dal sistema maggioritario. E si potrebbe dire che anche la lunga lotta contro la guida di Berlusconi nella Casa delle libertà, che si impersona in Follini, era in un certo modo la prima iniziativa della grande manovra di far convergere i postdemocristiani al centro dello schieramento a cui appartenevano, ritrovando una piena omologia nella diversità delle situazioni. La centralità democristiana in qualche modo ritorna e si trova in condizione di porre in discussione la leadership degli schieramenti bipolari e la loro composizione.
Nel campo del centrodestra ciò ha fatto emergere il problema della leadership, e non a caso Pier Ferdinando Casini ha cominciato a fare qualche passo verso l'accettazione del ruolo di leader del centrodestra che infine Berlusconi gli propone pur riservando a sé la gestione globale della politica della maggioranza. Si tratta quindi di un lento emergere della componente centrista anche se è difficile comprendere quale linguaggio essa intenda parlare.
Se una cosa ha caratterizzato il linguaggio politico dell'Udc, è stato il rifiuto di porre la questione politica fondamentale: cioè il fatto che il centrosinistra è governato da una unità della sinistra riformista con quella radicale, che il suo scopo è di assorbire i centristi dell'area riformista del partito unico, facendo dell'unità della sinistra il cuore politico dell'alleanza. I centristi dell'Udc, come anche Fini, hanno imposto a Berlusconi la censura al linguaggio che pone in luce l'egemonia della sinistra e l'intenzione di controllo politico che vi è annessa. La cultura di sinistra, che ha per centro il Pci, ha dominato la politica italiana per decenni, la Democrazia cristiana e il mondo cattolico non sono mai stati in grado di opporvi una alternativa di principio e hanno preferito accettare la lettura comunista della storia italiana, che ha nella Resistenza e nella Costituzione la sua identità piuttosto che contrapporvi un pensiero cattolico e liberale che avesse al centro la democrazia e la libertà.
La sinistra ha così goduto di una rendita di posizione che le ha permesso di far fuori i partiti democratici della prima Repubblica con una operazione mediatico-giudiziaria-culturale, cui Berlusconi contrappose le armi nude della democrazia. Oggi queste armi nude non bastano più e la nuova egemonia della sinistra si manifesta nei termini tradizionali. Ho usato il termine leninismo debole per indicare il modo di conquista del potere nella società e nello stato della sinistra, cioè la conquista del controllo del potere senza rivoluzione della società, la vera sostituzione di Marx con Machiavelli. Queste cose non si possono dire, ma resta il fatto che la Margherita, proprio grazie alla crisi del centrodestra, ha trovato la forza di enunciare l'egemonia del prodismo cioè della linea politica che in Prodi unisce i due postcomunismi, quello riformista di Fassino e quello radicale delle estreme.
La forzatura denunciata da Marini nasce dal fatto che i postdemocristiani si sono resi conto che essi erano in sostanza marginali rispetto al grande patto delle sinistre e che infine Prodi stesso era un leader sospeso nel vuoto retto solo dall'intesa dei postcomunisti riformisti con quelli radicali.
Ora la Margherita si trova esposta alle reazioni contrarie, alle manifestazioni uliviste di Parisi, alle reazioni dei Ds. Tanto basta a mostrare che la tentazione dell'egemonia esiste e che ciò comincia a essere detto, a causa della vicenda della Margherita, anche nel linguaggio cauto degli alleati di Berlusconi.


bagetbozzo@ragionpolitica.it

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