«Certo, gli editori sono potenti ma...»

Tullio De Mauro (Torre Annunziata, Napoli, 1932), è uno dei massimi studiosi italiani di Linguistica, ed è stato ministro della Pubblica Istruzione tra il 2000 e il 2001. Dal novembre 2007 è direttore della Fondazione Maria e Goffredo Bellonci e presidente del premio «Strega». Nelle sue mani sono dunque le redini dell’edizione numero 63 del prestigioso riconoscimento. A breve ci sarà le designazione degli undici semifinalisti, poi dei cinque finalisti e il 2 luglio, a Roma, la votazione finale con annuncio del vincitore.
Professor De Mauro, ha letto delle ultime polemiche?
«Ho visto qualcosa, ma di sfuggita. Non mi ci sono soffermato».
Avrà saputo però che Daniele Del Giudice, uno degli scrittori favoriti con «Orizzonte mobile», ha deciso di non partecipare...
«Come altri cinquantasei milioni di italiani».
Certo. Però si continua a dire che il premio è taroccato dai grossi editori. Lei che ne dice?
«Non la vedo così. Anche se è chiaro che alcuni editori sono potenti. Ma non significa che possano influenzare la giuria. Perlomeno, a me non risulta che vogliano o possano farlo».
Dopo il pasticcio del Grinzane Cavour, e operate le opportune distinzioni di responsabilità, pensa che in generale i premi letterari siano istituzioni serie?
«Non ho niente da dire sugli altri premi. Non ho elementi per giudicare. Dunque non posso lodare né deprecare nessuno».
Il quotidiano «la Repubblica» scrive che «a difendere il principio che votano i singoli e non le scuderie è rimasto per dovere d’ufficio solo il presidente del premio Tullio De Mauro. Ma a ogni buon conto qualche ombra deve pur vederla, se ha introdotto per il nuovo regolamento giurie parallele più impermeabili alle amicizie...».
«Smentisco di aver cambiato le regole. Il regolamento vigente è quello di sempre. Da sempre ci sono voti collettivi. Al limite, in questa edizione saranno un po’ più numerosi che in quelle precedenti».
Scusi l’irriverenza, ma chi glielo ha fatto fare di prendersi questa gatta da pelare?
«Be’, il premio “Strega” è un’istituzione interessante.

E poi mi piace l’idea di quattrocento persone che leggono i libri e li giudicano».
È convinto che li leggano davvero tutti?
«Su questo lascio a lei l’indagine. Non è compito mio verificarlo. Io di esami nella vita ne ho già fatti tanti, sapesse...».

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