Giannino della Frattina
da Milano
Dopo gli insulti e i fischi dei militanti, ecco quelli in doppiopetto dei vertici sindacali della Cgil. Per giorni ci hanno spiegato che gli spintoni a Letizia Moratti e al padre, partigiano ed ex deportato a Dachau, costretti a uscire dal corteo del 25 aprile erano stati un equivoco. Qualcosa a metà tra un happening riuscito male e un momento di follia collettiva. Ovviamente da addebitare ai soliti (e sparuti) facinorosi, «immediatamente isolati dalla maggioranza».
E a forza di sentirlo ripetere con tanta convinzione sembrava quasi brutto non crederci. E invece non era così. E sullinvito della Moratti al corteo del Primo Maggio il sindacato mostra il suo vero volto. Anzi, la sua doppia faccia. Da una parte quella sorridente dei vertici di Cgil, Cisl e Uil che a Milano invitano la candidata sindaco del centrodestra a sfilare con i leader sindacali in testa alla manifestazione. Dallaltra quella arrabbiata e così simile a quella dei contestatori del 25 aprile, mostrata dai dirigenti Cgil che, saputo dellinvito, minacciano di disertare lappuntamento.
Un sindacato, dunque, in piena crisi. Preda di uno sdoppiamento di personalità ancor più grave alla vigilia della sua «festa nazionale». «Noi segretari di Cgil, Cisl e Uil - aveva appena finito di dichiarare a Repubblica Onorio Rosati, segretario della Camera del lavoro milanese -, abbiamo pensato che far sfilare la Moratti e Ferrante (candidato sindaco del centrosinistra, ndr) in testa al corteo del Primo Maggio e poi farli salire sul palco, potesse rappresentare un buon segnale per la Milano del lavoro e per la città in generale». Parole pacate, allindomani della figuraccia del 25 aprile e in attesa di un possibile riscatto lunedì prossimo. Mai e poi mai il buon Rosati avrebbe pensato di scatenare un vero e proprio putiferio. E, per giunta, proprio in casa sua.
I primi a inalberarsi sono stati i segretari confederali della Cgil di Milano, Nerina Benuzzi e Antonio Lareno. Presa carta e penna hanno informato il «capo» della loro decisione di «disertare il palco ufficiale della manifestazione e la testa del corteo», preferendo invece essere «presenti in mezzo ai manifestanti». Il motivo, ovviamente, la presenza di Letizia Moratti. Ministro e, dunque, «a tutti gli effetti controparte contrattuale dellintero mondo della scuola e della confederazione». «Peraltro - spiegano Benuzzi e Lareno - lintero ministero Moratti si è contraddistinto per le sue iniziative contro la scuola pubblica come ben sanno le famiglie milanesi che sono scese in piazza in difesa del tempo pieno».
Il niet arriva anche dalla Fiom (Federazione impiegati operai metallurgici) per bocca delle segreterie lombarde e milanesi. «Il Primo Maggio è da sempre la festa dei lavoratori - attaccano Franco Arrigoni e Maria Sciancati -, ossia una ricorrenza di parte». Il lavoro e i lavoratori, dunque, per i sindacalisti non potrebbero che essere di sinistra. Segue tazebao anni Settanta. «Non ci risulta che Letizia Moratti, nei suoi cinque anni da ministro della Repubblica, abbia mai scelto di condividere le richieste dei giovani e dei lavoratori e di essere al loro fianco nelle mobilitazioni contro la precarietà, per la tutela dei diritti, per il miglioramento delle condizioni di lavoro, per un salario dignitoso, per una scuola pubblica, per un Paese in cui si distribuisce il reddito, rendendo uguale il figlio del professionista al figlio delloperaio». Inopportuno linvito alla manifestazione, secondo Lella Brambilla, segretaria della Cgil lombarda. «Totale dissenso» anche dalle Rsu della Tamini di Legnano che non parteciperanno alla manifestazione. Minaccia uno sdegnoso Aventino anche la Flc-Cgil. «Non possiamo sfilare in un corteo - tuona la Federazione lavoratori della conoscenza - dove sia presente un ministro che, pervicacemente in questi anni, ha mortificato la qualità del lavoro nella scuola milanese».
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