Politica

La Cgil non sa di protestare contro il Professore

Tajani: «Attaccano la Finanziaria, ma con questa norma il governo non c’entra»

Antonio Signorini

da Roma

Gli studenti universitari e quelli medi sono già in piazza; alla Cgil si stanno prenotando pullman, preparando bandiere e stampando striscioni. E anche nelle sedi dei partiti dell’Unione è tutto pronto per il prossimo atteso appuntamento con la piazza. Le amministrazioni locali governate dalla sinistra stanno facendo la loro parte dichiarando i rispettivi territori, zone debolkesteinizzate. Poco importa che questa volta il feticcio da bruciare sia una materia complessa come la direttiva europea sulla «liberalizzazione dei servizi» che prende il nome dal liberale olandese Frits Bolkestein, ex Commissario Ue al mercato interno. Non interessa nemmeno che il contestatissimo provvedimento che verrà preso di mira dalla manifestazione di sabato prossimo potrebbe essere agevolmente chiamato «direttiva Prodi», visto che a stilarlo fu proprio l’esecutivo guidato dal Professore quando era ancora ancora in carica a Bruxelles. Passa in secondo piano anche il particolare che il gruppo politico europeo che - praticamente da solo - appoggia la legge a spada tratta è quello liberale, al quale appartiene la Margherita.
A ricordare all’Italia quella che è una semplice evidenza è stato il gruppo di Forza Italia all’europarlamento: «Nessuno può negare che Bolkestein sia stato un membro della commissione Prodi e che la direttiva sia stata approvata nei suoi cinque anni di governo», osserva il presidente degli azzurri a Bruxelles Antonio Tajani. Il fatto è - sintetizza il vicepresidente del gruppo Mario Mauro - che la direttiva «che data 13 gennaio 2004, è frutto del lavoro della commissione Prodi e non è datata, come sostiene la Cgil, marzo 2005». Ora l’esponente azzurro si aspetta che «gli accorati interventi di Bertinotti ed Epifani il giorno 15 saranno di protesta verso l’operato dell’allora presidente della Commissione europea Romano Prodi».
Ma è più probabile che i comizi sfumino su questo aspetto. E vertano, con buona pace del carattere europeo della protesta del 15, su argomenti più casalinghi, come la legge Finanziaria. «Gli enti locali, che rappresentano il pilastro portante nell’erogazione del welfare nel nostro Paese, hanno due nemici giurati all'orizzonte: la finanziaria del governo Berlusconi e la direttiva europea ideata dal commissario Bolkestein», ha spiegato Giovanni Pagliarini, segretario nazionale Funzione pubblica della Cgil. Un’equazione che non piace a Tajani: «Stanno trasformando il tutto in una manifestazione contro il governo italiano. Cosa c’entra la Finanziaria? Questa, oltre a essere una falsificazione della realtà, è una faida interna alla sinistra e la dimostrazione di come non riescano a trovare l’unità su niente. Se la vedano tra loro», chiosa l’esponente azzurro.
A non fare tornare i conti ci sono anche le posizioni molto articolate sulla direttiva. Nemmeno Forza Italia vuole far passare il testo così com’è e chiede modifiche. In sintesi, la direttiva elimina alcuni intralci burocratici alla creazione di un mercato europeo dei servizi alle persone e alle imprese. I servizi inclusi vanno dal commercio alla distribuzione, dalle agenzie di viaggi o quelle di collocamento ai servizi medico-sanitari. Uno dei punti più criticati - che anche gli italiani del centrodestra vorrebbero modificare - è il cosiddetto «principio del paese di origine» secondo il quale chi vende servizi in uno stato straniero è sottoposto soltanto alla legge del paese nel quale è stabilito. Gli stati membri non possono intralciarlo. Gli azzurri vorrebbero modifiche anche alla parte che riguarda le professioni.
Il merito della questione, in ogni caso, è destinato a rimanere in ombra. Per ora prevalgono le ragioni della politica. E la sorpresa - a esempio di Tajani - per la coincidenza di tempi tra la protesta promossa principalmente da Cgil e Rifondazione comunista e le primarie dell’Ulivo. Un ultimo disperato tentativo di impallinamento? Forse, più semplicemente, i partiti dell’Unione ignorano che la direttiva «di impronta ultralberista» e destinata a «uccidere definitivamente il modello di stato sociale europeo» (parole di Marco Rizzo del Pdci) sia stata firmata da Prodi.

Il futuro leader della coalizione e, se vinceranno, il premier che dovranno sostenere con il loro voto.

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