La Cgil si sveglia soltanto adesso: sacrifici per tutti

Lavoro: Monti non cede, la Camusso vuol far pagare alle aziende i contributi sui sussidi. Rete imprese dice no

La Cgil si sveglia  soltanto adesso: sacrifici per tutti

«Nessuno potrà restare fermo allo status quo. Tutti dovranno rinunciare a qualcosa». Ieri lo ha ammesso anche Susanna Camusso durante l’incontro tra Rete imprese e i segretari generali di Cgil, Cisl, Uil. Le piccole aziende dovranno accettare di pagare in parte gli ammortizzatori sociali, cioè i sussidi per chi perde il lavoro. I sindacati, compresa la Cgil, non potranno che mandare giù interventi sui licenziamenti, quindi la modifica dell’articolo 18.

D’altronde il premier, pur con tutte le cautele del caso, fa sapere che non cederà su una riforma del lavoro troppo annacquata. Ce lo chiede l’Europa e ne è convinto lo stesso Professore che, tuttavia, evita di prendere il toro per le corna. Almeno per ora. Troppo forti sono le pressioni politiche affinché il governo concerti il più possibile il suo provvedimento assieme ai sindacati. Tutti i sindacati, Cgil compresa. È soprattutto il Pd, ma qualcuno mormora sia pure il presidente Napolitano, a premere perché l’intesa sia piena e sottoscritta anche dalla Camusso. Ambienti vicini all’esecutivo tuttavia giurano: «Monti non si piegherà ai veti cigiellini e la sua riforma sarà ben più strutturale e radicale rispetto ai rumors apparsi sulla stampa nelle ultime ore».

Le indiscrezioni di questi giorni sono infatti più morbide rispetto alle ipotesi allo studio del ministero del Lavoro. Si è parlato di una sospensione dell’obbligo di reintegro per i precari stabilizzati o per i neoassunti. Ma è improbabile che il governo si voglia limitare a soluzioni che sono più morbide anche rispetto alla ricetta proposta dalla Cisl di Raffaele Bonanni. Le ipotesi più accreditate restano quindi l’alleggerimento dei licenziamenti economici, la stretta su quelli discriminatori e la corsia preferenziale per i processi che riguardano l’articolo 18.

Il governo è in attesa di una proposta organica da parte di sindacati e associazioni delle imprese e un round decisivo ci potrebbe essere domani, quando l’esecutivo incontrerà le parti sociali. La trattativa tra le parti, intanto, ieri è arrivata a uno snodo importante con l’incontro tra Rete imprese (la confederazione che riunisce Confcommercio, Confesercenti, Confartigianato, Cna e Casartigiani) e i leader di Cgil, Cisl, e Uil. Tema cardine dell’incontro il pagamento dei contributi per la cassa integrazione anche a carico delle piccole aziende. A favore, oltre ai confederali, anche Confindustria. Contraria Rete imprese italia. «Su questo - ha assicurato il presidente di Turno Marco Venturi - abbiamo una posizione netta: non ci si può chiedere di pagare i contributi anche per le altre imprese». In realtà anche tra le Pmi c’è la consapevolezza che un contributo dovranno darlo anche loro, in particolare per finanziare la cassa integrazione in deroga, che il governo Berlusconi ha istituito per fronteggiare la crisi economica e che è stata, fino ad oggi, finanziata dallo Stato.

Anche Confindustria potrebbe essere chiamata a dare qualcosa. E la proposta di Rete imprese è che si prendano delle risorse da alcuni incentivi alle aziende, che sono peraltro proprio in questi giorni sotto la lente del ministro Corrado Passera. È questo il vero snodo della trattativa sull’articolo 18. Perché se si vorranno tamponare gli effetti di norme che rendono più facili i licenziamenti, servirà appunto un nuovo sistema di ammortizzatori sociali. Le imprese - che vogliono la flessibilità - e sindacati - che vogliono la sicurezza - lo sanno e per questo stanno cercando una sintesi: «O abbiamo la stessa opinione su tutto o si va in ordine sparso», ha spiegato Bonanni.

Ma il tempo stringe e mentre stasera per Monti ci sarà una duplice passerella in tv (al Tg e a SkyTg24), il governo accelera sulle liberalizzazioni. Sul provvedimento gli emendamenti vengono ridotti all’osso. Cordoni stretti anche sulle pensioni.

Pdl e Pd, con emendamenti al «Milleproroghe», hanno provato ad ampliare la platea degli «esodati» (lavoratori licenziati o comunque usciti dalle aziende) per i quali sono sospesi gli effetti della riforma previdenziale. Fornero ha respinto le modifiche rinviando la soluzione a un altro provvedimento.

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