Meno male che ci sono i sindacati «duri». Mentre tutto il mondo sprofonda sotto il peso di una tempesta finanziaria che nessuno riesce ad arginare ecco che dall’incontro di ieri tra il governo e le parti sociali la leader della Cgil, Susanna Camusso, ha trovato l’idea vincente per rimettere in piedi l’economia globale: un bello sciopero generale.
Ma cosa li paghiamo a fare questi signori se tanto il disco è sempre quello? Ma si rendono conto di quello che sta succedendo o no? Noi guardavamo fino a pochi mesi fa le proteste di piazza di una Grecia in difficoltà scuotendo la testa e pensando: «Poveretti, cosa sperano di ottenere? Non capiscono che così facendo si fanno male da soli?», pensando che gli stralunati fossero solo ad Atene, invece questi benpensanti dello sciopero contro la tempesta ci sono anche a casa nostra. Andiamo bene. Peccato che il rischio adesso non è quello di finire come la Grecia, dato che finora loro sono stati salvati con la tenda ad ossigeno dei finanziamenti europei: si rischia di finire molto peggio, dato che la barca europea fa acqua da tutte le parti e noi dovremo arrangiarci da soli.
Il fatto è che costoro probabilmente pensano di essere ancora negli anni ’80, quando le schermaglie sindacali erano un perfetto strumento per spillare ad uno Stato menefreghista e svelto a stampare denaro a debito qualche soldo per mantenere piccoli grandi privilegi. Ecco, il conto di quel debito e di quel welfare fasullo a spese delle nuove generazioni è arrivato sul tavolo del mondo oggi, insieme con tutte le altre fatture di quella generazione della spesa allegra. Cerchiamo di far capire fuor di polemica la situazione a chi pensa di ottenere qualcosa con lo sciopero.
Lo Stato spende di più di quello che incassa con le tasse. Le tasse non si possono più alzare perché sono già così alte che si otterrebbe l’effetto contrario: contrazione economica, fuga dei capitali e diminuzione di gettito. Le spese principali sono le pensioni, gli stipendi del pubblico impiego e gli interessi sul debito. Quello che manca per far quadrare i conti viene preso a prestito dai risparmiatori con la vendita dei titoli di Stato. Quello che sta capitando è che, per colpa di un difetto nella costruzione dell’Euro, i risparmiatori si sono accorti che i loro prestiti agli Stati non sono più sicuri come una volta e quindi hanno smesso di prestarli e li rivogliono indietro. Ciò provoca sia un aumento della spesa per interessi sia una grande difficoltà di trovare quattrini per coprire la differenza tra spese e ricavi. Non ci vuole un genio della matematica per capire che se di soldi in prestito non ne arrivano e se una delle tre grandi voci di spesa (quella degli interessi) sale senza possibilità di controllarla (perché non dipende dal governo) rimangono da limare le altre due voci se non si vuol fare bancarotta.
Peccato però che pensioni e pubblico impiego siano proprio le aree di spesa saldamente presidiate dalla Cgil, anche se in molti casi in queste voci si annidano le vere rendite di questo Paese, non di certo nei risparmiatori che, anzi, stanno perdendo molti dei loro soldi nei crolli dei mercati, bensì nella forma di assunzioni non necessarie e di trattamenti previdenziali molto superiori ai contributi versati.
Ecco qui il cortocircuito: si sciopera per difendere pensioni e pubblico impiego, con lo sciopero si produce di meno e, essendo finiti i soldi, ne rimarranno di meno per pagare proprio quelle voci che si vorrebbero tutelare.
L’alternativa? Bancarotta, zero pensioni e zero stipendi. In pratica uno sciopero perenne, così saranno contenti.
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