Silvia Kramar
da New York
Fino a pochi mesi fa Channing Tatum era soltanto una pretty face della moda. Un modello muscoloso e affascinante, di quelli che prima o poi finiscono nei libri fotografici di Bruce Weber. Era apparso nella pubblicità di Emporio Armani, di Dolce & Gabbana, della Gap e della Pepsi. Ma dietro a quegli enormi occhi azzurri, dietro a quel viso angoloso che rivela il dna di pellerossa mescolato al sangue franco-irlandese dei genitori, Tatum nascondeva un enorme talento per la recitazione. Così, dopo l'uscita del suo terzo film nelle sale americane, Hollywood già lo vede come il nuovo Brando.
«L'erede naturale di Marlon, l'unico attore a possederne il talento e il fascino, è senza dubbio Channing. Basta guardarlo», ha ammesso Dito Montiel, che l'ha diretto nel film autobiografico A guide to recognizing your saints, vincitore del premio per la migliore pellicola drammatica al Sundance festival. Un'opera con un cast d'eccezione, da Robert Downey junior a Chazz Palminteri, da Dianne Wiest a Eric Roberts. E lui, il giovane che fino all'ultimo aveva rischiato il licenziamento proprio per la sua strepitosa bellezza.
«Cercavo un attore per la parte di Antonio, un ragazzo difficile che si fa strada picchiando e che vive nelle strade del Queens. Una specie di Marlon Brando del Fronte del porto, che è violento perché ha un padre violento», racconta il regista. «Quando la producer Trudy Styler, la moglie di Sting, mi disse che voleva scritturare Channing, le dissi che era proprio sbagliato: troppo bello, troppo raffinato. Un fotomodello. Ma quando è apparso sul set dimagritissimo e truccato, quando ha cominciato a recitare mi sono reso conto che era un attore con la a maiuscola. Dal talento incredibile. Ci sono state scene molto difficili, in cui il suo personaggio perdeva la testa e diventava un tipo alla Steinbeck, alla Uomini e Topi: ci ha lasciati tutti senza parole».
Cresciuto a Cullman, paesino alle spalle di Birmingham in Alabama, a sei anni si è trasferito con la famiglia nella campagna più povera del Mississippi; fin da ragazzo ha mostrato talento sul campo da football. Una borsa di studio da quarterback l'ha portato in una piccola università della Virginia; poi ha abbandonato gli studi per guadagnarsi da vivere facendo il muratore. Un amico l'ha supplicato di sfilare per lui nei fashion show di Miami; un agente l'ha scoperto, Ricky Martin l'aveva fatto recitare nel video di She bangs e, un paio di anni dopo, Hollywood gli ha offerto la prima parte importante in un film per teenager. Che è uscito la scorsa primavera, intitolato She's the man. Tre mesi dopo è riapparso sugli schermi in Step Up. Una pellicola sulla danza in cui Tatum dà vita a un ballerino del Bronx.
«Si muove come Fred Astaire», hanno commentato all'unisono i critici, ammaliati dalla sua bellezza. Ma è stata l'opera drammatica di Montiel a lanciarlo nel firmamento delle star, a regalargli una nomina al premio «independent» Project Gotham Award e ad aprirgli le porte dei maggiori studios californiani. In questi giorni Channing sta infatti girando il nuovo film - ancora senza titolo - del regista Kimberly Pierce, che promette di far parlare di sé: è la storia di un soldato che rientra in America dall'Irak per una breve vacanza e che si rifiuta di tornare a combattere nella terra di Saddam Hussein.
Sul set di A guide to recognizing your saints, Tatum aveva stretto amicizia con Chazz Palminteri. «Mi ha insegnato molti trucchi del mestiere», ha spiegato l'attore ventiseienne: «prima delle scene più difficili andavo da lui e gli chiedevo dei consigli».
«Channing diventerà una star, non c'è dubbio», ha dichiarato la moglie di Sting. «Ha un viso splendido... sì, mi ricorda proprio Brando. Ma possiede anche una profonda dolcezza, che traspare sullo schermo. E ha talento da vendere. È un ragazzo da Oscar: basta aspettare».
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