Mariuccia Chiantaretto
da Washington
La benzina è troppo cara? Tanto peggio per Europa e Stati Uniti. I produttori di petrolio come il Venezuela non sono disposti ad aumentare la produzione per venire loro incontro. Lo ha detto ieri senza mezzi termini il presidente venezuelano Hugo Chavez, in un discorso con il quale ha sfidato apertamente il governo americano di George Bush. «Credo che il mondo - ha affermato Chavez - si debba abituare a un prezzo del petrolio superiore ai 50 dollari il barile. Siamo alla vigilia di una crisi mondiale e lenergia deve essere risparmiata. Dobbiamo sviluppare altre risorse, come il vento, il sole e lenergia nucleare, naturalmente a fini di pace». Ha sostenuto che il suo Paese non potrebbe aumentare la produzione di petrolio nemmeno volendo: gli occidentali dovranno arrangiarsi.
Chavez si trova a Salamanca, in Spagna, per il vertice dei Paesi di lingua spagnola e portoghese e oggi arriverà a Roma per il 60° anniversario della Fao (lente dellOnu che si occupa della fame nel mondo). Parteciperà alla riunione anche il presidente dello Zimbabwe, Robert Mugabe, al potere da decenni e uno dei leader africani più screditati. Contro la presenza di Migabe ha protestato ieri lambasciatore statunitense presso la Fao, Tony Hall. «Trovo incredibile che la Fao - ha detto - abbia invitato Mugabe a esprimersi in occasione del 60° anniversario, lui che in un certo modo fa tanto soffrire i poveri e gli affamati».
Nella capitale italiana Chavez renderà omaggio alla statua di Simon Bolivar, inaugurata lo scorso 15 agosto al Pincio. Domani e martedì sarà a Milano. Ieri ha parlato a margine dei lavori cui partecipano i rappresentanti di 19 governi latino-americani, oltre alla Spagna, al Portogallo e alla Repubblica di Andorra. Il Venezuela è il solo Paese latino-americano dellOpec e gli interlocutori europei insistono perché aumenti la produzione. Dopo la brusca impennata dei prezzi in agosto, sui mercati internazionali le quotazioni del greggio oscillano fra i 60 e i 70 dollari il barile. È possibile che vi sia un calo quando le raffinerie statunitensi danneggiate dalluragano Katrina riprenderanno il lavoro a pieno regime, ma il tempo dellenergia a buon mercato sembra finito, e Chavez non ha perso loccasione per dare la colpa a Bush.
«Laumento dei prezzi del petrolio - ha affermato - è stato provocato almeno in parte dalla mancanza di immaginazione del governo americano e dalla guerra in Irak, che ha destabilizzato il mercato in Medio Oriente». Secondo Chavez, la ricerca di una soluzione spetta ai soli Paesi ricchi, che devono limitare i consumi e finanziare la ricerca di fonti di energia alternative.
Il discorso di Salamanca è soltanto lultimo capitolo di uno scambio di accuse e di provocazioni tra Chavez e gli Stati Uniti. Gran parte delleconomia del Venezuela dipende dalle esportazioni di petrolio nellAmerica del Nord e per gli americani sarebbe difficile e ancora più costoso acquistare la stessa quantità in altri Paesi. Sul piano politico tuttavia i rapporti tra i due governi sono sempre più tesi, dopo un tentativo infruttuoso di dialogo. Lamministrazione Bush insiste per mantenere lembargo ai danni della Cuba di Fidel Castro. Chavez è in ottimi rapporti con il dittatore caraibico e ieri a Salamanca ha ribadito di ritenere necessario labrogazione immediata del blocco economico contro lAvana. E, per la verità, non è il solo tra gli statisti latino-americani ad auspicare la revoca delle sanzioni. Il pessimo livello dei rapporti Caracas-Washington ha origine anche nelle accuse del venezuelano ai servizi segreti Usa, che complotterebbero per ucciderlo o toglierlo di mezzo con un golpe.
La Casa Bianca ribatte che il Venezuela usa il ricavo del petrolio per sovvenzionare gruppi sovversivi.
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