Lì per lì ci è sembrato strano. Vedere Paolo Bonolis nello studio del Grande Fratello è stato come incontrare Rita Levi Montalcini a un cast di veline. Poi, nel quarto dora (purtroppo scarso) di puro show del conduttore ci è venuta unidea infrequentabile. Ma se lanno prossimo, dovendoci ammansire lundicesima-edizione-undicesima del Grande Fratello, Canale 5 ci regalasse almeno la conduzione di Bonolis? Certo, non ci sarebbe più bisogno della Gialappas (che lunedì, andando in onda subito dopo il reality, ha ottenuto il 46,63% di share su target commerciale), certo interromperebbe il record della bravissima Alessia Marcuzzi che di GF ne ha presentati cinque, però sarebbe un modo, lunico modo forse, di rinnovare un programma che regge malgrado la trama un po lisa.
Innanzi tutto perché, se fosse Bonolis a condurlo, supponiamo che influenzerebbe in maniera completamente diversa la scelta dei reclusi. Chissà cosa riuscirebbe a mettere in quella casa il principe dellimpossibile. Un po Ciao Darwin, un po Corrida, un po Dilettanti allo sbaraglio... Poi perché, con il dovuto rispetto nei confronti delle conduttrici giunte sino a qui, un uomo cambierebbe un po la solfa. Specie se luomo è Bonolis che la solfa la cambia sempre. Quanto ci è piaciuto laltra sera vedere un po relativizzata «questesperienza molto forte del Grande Fratello», vedere «i ragazzi» e le loro mollaggini finalmente ridimensionati, seguire lironia di Bonolis fino a un po di sano, educato disprezzo per certi tic, per certe «scelte difficili» come quella di fare una nomination.
Per dieci edizioni, le conduttrici e il loro spirito materno hanno maneggiato i reclusi come cristalleria, come materiale infiammabile, come cimeli. Mentre il pubblico li ha sempre visti come quelli descritti dalla Gialappas. Con tic, gaffes, tatuaggi, parolacce e goffi amplessi. I protagonisti del Grande Fratello non sono gigli di purezza, non sono scienziati, non sono modelli di niente. E non se ne stanno rinchiusi «come sorci» per «mappare il genoma» come direbbe Bonolis. Perciò ci divertirebbe vederli trattati per quello che sono. Che è il motivo per cui li guardiamo.
Paolo era perfettamente a suo agio in studio, nella «casa», nel confessionale, davanti agli ultimi rimasti e alla loro assenza di grammatica. Come ci piacerebbe che quella di lunedì non fosse stata una semplice incursione ma una prova generale.
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