Altro che leggero, quellattacco era una piuma. Una piuma doca, di quelle con cui una volta i poeti vergavano i loro versi. E i poeti rossoneri, dal barocco Seedorf al neoclassico Pirlo, dallermetico (nel senso che neppure lui, spesso, sa quello che «scrive») Pato al trovatore Ronaldinho allelegiaco Kakà, sembravano impegnati, più che a incantare il prosaico Sereni, a cercare il bandolo di una sterile metrica. Mentre Gattuso, ruvido cronista di «nera», volava di consueto basso e prendeva rabbiosi appunti sul suo taccuino sporco di fango. Ma anche il Torino ha in Rosina un dignitoso versaggiatore, il quale a un certo punto del certamen azzecca la rima baciata e la deposita sulla zucca di Stellone.
Che fare? Insistere allinseguimento del Bello o riporre la piuma nel calamaio per impugnare la penna a sfera e rifare la storia della partita? Si è scelta una via di mezzo: la stilografica (dello stile il Milan proprio non riesce a fare a meno). Ne escono due bei ghirigori che mettono daccordo il colto e linclita per la loro pulizia tecnica. Però, comè abitudine della casa, non si riesce a «uccidere» la partita.
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