Ecco, ora qualcuno dirà che la scuola pubblica in realtà è fascista, altro che professori rossi, come sostiene il premier, e commissioni per esaminare i libri di testo sbilanciati a sinistra, come vorrebbe Gabriella Carlucci. In realtà, quello che è successo nella scuola media di Pove del Grappa (Vicenza) è da ascriversi, come dice la preside Luisa Caterina Chenet, a una certa «ingenuità culturale» e non alla volontà di «indottrinare o sostenere una posizione politica».
I fatti, come riportati ieri dal quotidiano Il Mattino di Padova. Alcuni genitori sentono solfeggiare ai propri figli, alle prese con i compiti, il ritornello di una canzone molto particolare: Faccetta nera, motivo simbolo dell’impresa abissina e del Ventennio fascista. Immediatamente chiedono spiegazioni alla scuola. Risposta: la conoscenza di Faccetta nera, in compagnia di Giovinezza, fa parte di un corso che «spinge a contestualizzare un periodo storico attraverso i brani coevi più famosi e significativi», come spiega il professore di musica Nicola Meneghini. Ci sono in programma, oltre agli inni fascisti, anche La canzone del Piave e Va’ pensiero. Ci sarà, quando si arriverà alla Seconda guerra mondiale, Lili Marlene. Consigliamo al docente di inserire, per par condicio, Bella ciao e Bandiera rossa.
Nessuno scandalo, ci sembra di poter dire, anche se qualcuno ne ha già fatto un caso, vedi le reazioni inutilmente indignate di vari esponenti del Partito democratico e dell’Italia dei valori, aizzati dalla casuale coincidenza con la festa del 25 aprile. Ripetiamo: nessuno scandalo, cantare una canzone non trasformerà in squadristi i bambini. Ma un po’ di ingenuità, sì. Soprattutto perché gli studenti ai quali sono destinati gli spartiti hanno tredici anni, un’età in cui non è detto siano chiare tutte le sfumature e le implicazioni.
C’è una cosa, però, che dà fastidio, ed è la crescente tendenza, da parte di tutte le forze politiche, a fare della scuola l’ennesimo terreno di scontro ideologico. Giusto sottolineare che la storia raccontata fra i banchi non è stata fino a qui un esempio di imparzialità, per usare un eufemismo; giusto ricordare che certi simboli politicizzati come il Sole delle Alpi sono adatte ai comizi e non alle aule; giusto chiedere che i ragazzi siano consapevoli di cosa fischiettano. Meno giusto strumentalizzare i problemi della scuola e gettarli nella lotta politica, tirando da una parte o dall’altra. Anche perché al consueto polverone, della durata media di tre-quattro giorni, di solito non seguono i fatti.
Libertà di scelta delle famiglie; demonizzazione del privato; organici pletorici, troppo sindacalizzati e quindi malpagati; programmi assassinati dal didattichese e da una pedagogia fumosa: queste sono i temi sui quali la politica deve intervenire con serietà. Il resto sono discussioni da bar.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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