Com'è bella Milano con la Champions League. Com'è triste Milano con la Champions League. C'è una straniante sensazione girando per la città in queste ore: la vitalità di un evento globale tra i più coinvolgenti in una città che non è mai stata affascinante come ora si specchia nella mestizia del periodo calcisticamente più modesto della storia. Perché Milano era calcisticamente grande ed è improvvisamente arretrata, s'è spenta, s'è chiusa. L'Europa meno nobile per l'Inter, conquistata senza esaltare. E niente Europa per il Milan, che mai negli ultimi trent'anni era stato fuori dalle coppe per tre stagioni consecutive.
Milano s'è preparata: lo sa da tre anni che le sarebbe toccata la finale del 2016. Pronta era pronta. E si vede: il centro è già pieno e addobbato. C'è la coppa dei Campioni che sta facendo il giro della città, ci sono eventi, idee, personaggi. C'è la gente che si fotografa con le immagini storiche della Champions in via Dante, ci sono i villaggi degli sponsor dove si gioca a calcio per strada, ci sono i taxi vestiti a festa. C'è tutto tranne la sua storia: quella della città più vincente di tutta la Coppa dei Campioni, fino a quest'anno. Dieci trofei conquistati tra Milan e Inter, come Madrid, che però li ha vinti tutti con il Real. E ben cinque se li prese tra il 1955 e il 1960, quando in Europa di fatto esisteva «soltanto» il Real. Milano era l'avanguardia, unica città ad aver portato due club a vincere il trofeo più importante. E adesso dona proprio a Madrid la certezza di superarla, perché comunque vada da domenica sarà 11-10. Poi lo stadio, quello stadio che domani avrà una partita che merita e che non ospita da 15 anni.
L'ultima finale di Champions è del 2001. Non se ne sentiva la mancanza perché Milano era comunque protagonista. Oggi questa partita è un risarcimento morale e sportivo. E anche un auspicio. Questa città e il suo calcio non possono essere quelli di oggi.
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