DA CHE PULPITO

Il ministro della Difesa indiano, Arackaparambil Kuryan Antony, ha bollato come «serio e deplorevole» l'incidente che ha portato alla morte di due pescatori. Gli indiani sembrano convinti che i responsabili siano i fanti di marina del reggimento San Marco in servizio antipirateria a bordo di una petroliera italiana. La faccenda è ancora tutta da chiarire, ma da che pulpito viene la predica. La marina militare indiana è molto aggressiva, se non brutale, con i bucanieri.
Il 19 novembre 2008 un'imbarcazione thailandese che i pirati stavano abbordando per utilizzarla come nave madre dei futuri attacchi è stata affondata da un'unità da guerra indiana. Solo uno dei membri dell'equipaggio, su 15, è sopravvissuto.
Il 28 gennaio 2011 un'altra nave di New Delhi ha ingaggiato una battaglia con i pirati ammazzandone 10. In diverse occasioni la marina indiana ha preso d'assalto i bucanieri senza preoccuparsi troppo dei marittimi in ostaggio.
Non è sbagliato usare i muscoli con chi semina il terrore in mare, soprattutto se ti sparano addosso, ma gli indiani hanno superato il limite. Al largo della Somalia abbandonarono in mezzo all'oceano un sospetto vascello pirata, dopo aver malmenato chi stava a bordo e fracassato il motore.

I bucanieri somali non l'hanno presa bene e per rappresaglia passano talvolta per le armi i marittimi indiani presi in ostaggio. Oppure pretendono inutilmente uno scambio di prigionieri con i bucanieri, che languono nelle galere di New Delhi.
f.bil.

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