Ce lha con la Casta. Ma ce lha anche con una «parte del mondo economico» del Paese: «Quella - va giù duro Diego Della Valle - che non vive di mercato e di concorrenza». A chi si riferisce limprenditore marchigiano? Certo, di protezioni e monopoli, o almeno cartelli, è impastato un bel pezzo del nostro sistema industriale. Pure la Confindustria di Emma Marcegaglia ha le sue responsabilità storiche, anche se ora sta cercando di scrollarsi di dosso antiche contiguità con lestablishment. Non cè dubbio che la sortita di Della Valle abbia rubato il palcoscenico proprio a lei. Le parole di Della Valle arrivano nel giorno in cui Confindustria lancia una sorta di ultimatum al governo. Banchieri, industriali e mondo cooperativo firmano un manifesto comune in cinque punti in cui sono elencate le misure più urgenti e necessarie per il Paese. Un po nel solco della lettera spedita a suo tempo allesecutivo dalla Banca centrale europea. «LItalia è in pericolo - ribadisce la Marcegaglia - risposte subito o salta il dialogo». Le sue parole paiono echeggiare a distanza quelle di Della Valle che denuncia il disastro della politica e invita la società civile ad alzare la testa.
Ma se si leggono in filigrana i due messaggi si intuisce che ciascuno va per la sua strada. Possono esserci convenienze comuni, può esserci un clima generale di preoccupazione nel Paese, si può stare insieme sotto il rassicurante ombrello dellindignazione, ma poi si capisce che ciascuno ha i suoi obiettivi. Della Valle gioca con la visibilità, lucida limmagine con unoperazione di marketing - il restauro del Colosseo - che fa il giro del mondo, sembra un leader politico più di tanti capi di partito, attacca a testa bassa Berlusconi e il berlusconismo. La Marcegaglia è in scadenza e sta tastando il terreno per il dopo: fra qualche mese tornerà a Mantova, nellazienda di famiglia, ma potrebbe anche scegliere strade diverse, particolarmente in un momento difficile e di transizione come questo.
Molti imprenditori considerano ormai prossimo allesaurimento il ciclo berlusconiano e si posizionano in vista del futuro che bussa. Le grandi manovre sono cominciate e coinvolgono anche pezzi dellapparato imprenditoriale e, più in generale, quelli che si chiamano i poteri forti. Il presidente della Ferrari Luca Cordero di Montezemolo ha ormai un piede dentro il palazzo e perfino il Wall Street Journal lha incoronato con una copertina e un servizio lungo addirittura sei pagine. Italia Futura, il suo quasi partito, si è ormai strutturato in molte regioni e prosegue lo shopping a destra e a sinistra. Anche Montezemolo, come tutti, parla di privatizzazioni e modernizzazioni e come tutti coltiva i suoi business: intanto centellina goccia a goccia la sua discesa in campo.
Il parterre è affollato e potrebbe esserlo ancora di più. Dipende da quel che accadrà nei prossimi mesi e anche dalla tenuta dellattuale classe dirigente. Persino un grande banchiere come Alessandro Profumo si dice tentato dalla politica. Lha spiegato senza giri di parole alla festa dellApi di Francesco Rutelli: «Se cè bisogno - ha scandito lex amministratore delegato di Unicredit, uscito dallistituto di credito con una stratosferica liquidazione di 40 milioni - sono pronto a dare una mano. Da parte mia cè la passione per la politica, ho 54 anni, mi metto in gioco». Certo, non ha precisato i suoi orientamenti. Qualcuno lo vedrebbe bene dalle parti del Pd, dove ha militato la moglie Sabina Ratti, e cè chi lha indicato come il mitico papa straniero che prenderebbe il posto di Pier Luigi Bersani e risolverebbe i problemi di un partito travagliato che più travagliato non si può. Ma i tentativi di seduzione sono più duno e anche Pier Ferdinando Casini lha soavemente blandito indicandolo come un potenziale «ottimo ministro dellEconomia». Profumo si lascerà coinvolgere? E con chi si schiererà?
Insomma, i big dellimprenditoria italiana fiutano laria che sta cambiando e provano a interpretare il nuovo corso.
Che schiaffo per la Marcegaglia Già diviso il partito degli industriali
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