Controcorrente

«Quello che è successo a me non deve accadere a nessun altro»

Fa l'avvocato e si occupa di abusi contro l'infanzia. «Perché da piccolo», spiega, «sono stato vittima. E l'orco era mio padre»

di Nino Materi

È il 17 marzo 2017 quando l'Ordine dei Giornalisti del Lazio organizza un corso di formazione professionale sulla «violenza maschile».

Tra i relatori c'è anche l'avvocato Andrea Coffari, esperto di diritto di famiglia e presidente dal 2007 del Movimento per l'infanzia.

L'avvocato Coffari, sul sito del suo studio professionale, si descrive così: «Mi occupo da tanti anni come avvocato, ma anche come docente, studioso e attivista, di diritti umani, in particolare modo della tutela delle categorie sociali deboli, svantaggiate o discriminate, come bambini, donne, vittime di violenza, maltrattamenti, abusi, ma anche vittime di ingiustizie e malasanità».

Un curriculum in cui spiccano due parole-chiave, «vittime» e «violenza»; cicatrici personali che segnano anima e psiche di un uomo col coraggio di confessare pubblicamente: «Da piccolo fui violentato da mio padre».

Una frase che toglie il respiro a chi parla e a chi ascolta, pronunciata dal palco con un nobile obiettivo: «Ciò che è successo a me, non deve accadere ad altri». Dietro l'impegno e la passione con cui Coffari svolge il suo lavoro, questa esperienza devastante ha un ruolo fondamentale. Tanto da aver trasformato un ex bambino vittima di un orribile sopruso in un avvocato che ha come «missione» quella di tutelare i bambini vittime di medesimi orribili soprusi; un angosciante ricordo del passato che Coffari vuole sublimare in una speranza per il futuro.

Coffari ora è il difensore legale del «guru di Bibbiano»: quel Claudio Foti accusato di essere la mente dello «scandalo-affidi» diventato un caso nazionale. Un'inchiesta sconvolgente, con uno scenario di una gravità da togliere il respiro. Ma l'avvocato è ottimista: «Il tempo sarà galantuomo. Le accuse contro Foti si sgonfieranno».

Nell'attesa che il processo confermi o smentisca questo auspicio, Coffari continua la battaglia contro la «violenza maschile». Senza fare sconti a nessuno. Neppure a suo padre. «Era un padre padrone, sprofondato nell'inferno della perversione - racconta -. L'ho perdonato, ma quello che mi ha fatto non potrò mai dimenticarlo».

Segni indelebili che, nel corso del tempo, sono diventati una sorta di mappa per comprendere meglio il fenomeno degli abusi sui bimbi. Sull'argomento l'avvocato Coffari ha scritto dei libri: «L'ultimo si intitola Rompere il silenzio - sottolinea al Giornale -, un libro di denuncia molto scomodo, frutto di cinque anni di lavoro. Ho fatto nomi e cognomi della lobby culturale propedofilia. Inoltre ho affrontato il tema del negazionismo criticando i cattivi maestri che hanno contribuito a diffondere una cattiva e falsa scienza (La sindrome di Alienazione Parentale, Pas, la Sindrome del falso ricordo, le false denunce e molto altro) contro i diritti dei bambini e delle donne».

«Ciò che è capitato a me - spiega - è lo specchio di una dinamica comune a migliaia di casi. Siamo dinanzi a un fenomeno enormemente sottostimato in cui, nelle separazioni ove ci sono denunce di violenza o abusi, spesso si possono rintracciare tre costanti: un sex offender maschile che vuole imporre, attraverso la sopraffazione, il ruolo di uomo dominante; una madre che denuncia ma viene spesso emarginata e screditata anche dalla rete istituzionale che dovrebbe tutelarla; un bambino abusato che, senza un intervento pronto ed efficace da parte dei servizi sociali, è destinato a non liberarsi più dal trauma che sta subendo».

Coffari parla per esperienza personale, perché queste bruciature le ha vissute sulla propria pelle, con ferite che sono ancora carne viva: «Io e mia madre non fummo creduti. Papà era ricco e potente. Faceva il notaio. Una persona rispettabile. Non poteva essere messo in discussione...». E poi: «Se oggi sono quello che sono lo devo molto alla fede: sono cattolico e questo dà un senso profondo alla mia esistenza. Un ruolo fondamentale lo ha ricoperto anche mia madre, la sua forza di donna determinata mi ha trasmesso il valore dell'amore e dell'onestà. In tante madre eroine che si rivolgono a me per avere giustizia, rivedo lei, la sua bellezza interiore e la sua integrità morale. Ho il conforto di una famiglia unita e la gioia di quattro figli meravigliosi».

«Vorrei che per loro - è l'augurio dell'avvocato Coffari - la nonna fosse un modello da seguire e il nonno un uomo da perdonare. Un perdono che però deve arrivare dopo un processo di comprensione e di crescita culturale. Io questo percorso l'ho fatto. È stata una strada lunga e faticosa. Ma alla fine sono arrivato serenamente in fondo. Spero che tutti facciano altrettanto».

Magari con l'aiuto dell'associazione che Coffari presiede da questo percorso da 12 anni, il Movimento per l'infanzia: «Un'associazione - dice il legale - che nasce dall'idea che i bambini sono una categoria sociale discriminata. La società civile moderna è ancora oscurata da modelli adultocentrici che permettono che nel mondo milioni di bambini muoiano di fame, siano impiegati nel lavoro e nelle guerre. Oltre ad essere vittime di violenze sessuali, nel sostanziale immobilismo di una società adulta che sembra indifferente e impotente innanzi a questa ecatombe della coscienza».

Tesi troppo oltranziste o distorte dall'ideologia? Il dibattito è aperto.

Per questa ragione è fondamentale «rompere il silenzio», che non casualmente è proprio il titolo del libro di Coffari.

«La violenza ai bambini, alle donne, alle madri è ancora un tabù - sottolinea l'avvocato -. Perciò era necessaria un'opera di denuncia, scomoda e unica nel suo genere. C'è un silenzio buono per dialogare con noi stessi, per trovare energie, per accettare e affrontare ciò che ci spaventa e c'è un silenzio opprimente che impedisce a chi è debole e a chi soffre di parlare e di chiedere aiuto». L'importante è parlare del problema e confrontarsi sulle possibili soluzioni.

Il vero nemico? L'oblio. Perché, come diceva Martin Luther King, «ciò che spaventa davvero non è la violenza dei cattivi, ma l'indifferenza dei buoni».

Lì dove bene e male possono essere le due facce della stessa medaglia.

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