Che tristezza, la stampa cattolica si inginocchia a Madonna Concita

L’adesione di Avvenire e dell’Unione cattolica stampa italiana (Ucsi) alla manifestazione di Repubblica e dell’Unità per difendere la libertà di pensiero e parola minacciata da Berlusconi è qualcosa che lascia sgomenti. Non sono due entità periferiche, sciami minoritari. Hanno la filigrana della moneta pontificia. Il primo, Avvenire, è il giornale ufficiale della Conferenza episcopale italiana. La seconda, l’Ucsi, gode di assistente ecclesiastico, viene ricevuta dal Papa, ha insomma uno statuto ecclesiale e non politico. Se avessimo voglia di scherzare diremmo ai compagni Ezio Mauro e Concita De Gregorio: occhio all’interferenza vaticana. Qui è proprio il contrario. Ricordano la «Chiesa Viva» messa su da Lenin per sostenere il bolscevismo. E viene una tristezza infinita. Succede che la truppa di giornalisti con l’etichetta di cattolici, quelli per intenderci che sono invitati nei consessi dove i vescovi discutono di mass media, si sono fusi, anzi, anche dal punto di vista cronologico, accodati ai capatàz del pensiero laicista universale. È vero che la maggioranza di loro sono firme ignote, di cui non si ricorda non dico un articolo, ma neanche un aggettivo. Ma conta il simbolo. E a quale ideologia si incolla come viatico.
Non staremo qui ad analizzare le posizioni dei tre autori dell’appello; il primo dei giuristi, Stefano Rodotà, sostiene da sempre che sia contro ogni forma di diritto umano negare la libertà di aborto, di sperimentazione sugli embrioni, di matrimoni gay. In testa al plotone ci sono gli stessi che teorizzano in prima pagina come e perché la Chiesa abbia venduto in cambio dell’ora di religione una presunta assoluzione di Berlusconi per i suoi peccati (quelli degli altri ovviamente non sono peccati, proclamare il diritto all’aborto è una virtù).
Mi aspetterei che oggi, vestito con la casula pontificale, come quando ha condannato Feltri per una notizia vera, il presidente dei vescovi uscisse davanti alle telecamere per dire che i vescovi non è che condannino, figuriamoci, ma almeno spieghino che aderire a quella manifestazione non è di precetto. Magari consigliato, ma si può anche stare a casa, pur battezzati. Insomma, non è come la processione del Corpus Domini, dove, al posto del Santissimo, stia la Trinità di Ezio Mauro, Eugenio Scalfari e Giuseppe D’Avanzo, e la Madonna-Concita, e dietro, come chierichetti, i cortesi signori dell’Unione cattolica stampa italiana. Mamma mia, com’è duro scherzarci su. Mi ricordano questi cronisti cattolici il collateralismo dell’Azione cattolica e dei comitati civici di Gedda nel 1948, in piazza contro la dittatura. Ma mi sa che hanno sbagliato e confondono De Benedetti con De Gasperi.
Ho nel cassetto le foto delle riunioni Ucsi nei primi anni ’80. Si presentava Flaminio Piccoli, segretario della Dc, tuonava contro l’aborto, al mattino presto aveva già conversato con don Andrea Spada, direttore dell’Eco di Bergamo. Trascrivo dal sito Ucsi: «È confermata la scelta ecclesiale». Hanno padre Pasquale Borgomeo, gesuita, come assistente. I fondatori furono nel 1959 Raimondo Manzini (primo presidente nazionale), Giuseppe Dalla Torre, Guido Gonella, Enrico Lucatello, Pietro Pavan, Carlo Trabucco, Federico Alessandrini e Andrea Spada. Nel settembre dello stesso anno ci fu l’approvazione della Conferenza Episcopale Italiana. Approva anche questo rincorrere i compagni piagnoni e golpisti?
Ma sì, va bene così. La polemica tra un quotidiano di centrodestra (putacaso il Giornale) e quello di «ispirazione cristiana» è diventata una specie di santo alibi per schierarsi finalmente dalla parte del diavolo laicista e di sinistra, che offre il manto di una solidarietà come quella che i comunisti davano agli indipendenti di sinistra, come la pattuglia di cattolici del dissenso che trasmigrarono tra i compagni per le elezioni del 1976, Raniero La Valle ed Ettore Masina, per esempio. Anche Piero Pratesi, il quale dal quotidiano cattolico Avvenire d’Italia passò a dirigere il comunista Paese Sera (poi si è scoperto essere finanziato dal Kgb, cioè dal lavoro dei cristiani nel gulag, ma capita).
Vogliamo dire una verità molto semplice. E si chiedano informazioni ai nunzi della Santa Sede impegnati sul campo all’Unione europea e al Consiglio d’Europa. Se oggi in Europa c’è un punto di resistenza consistente alla «dittatura del relativismo» questa viene dall’Italia maledettamente berlusconiana, contro cui le anime belle dell’Ucsi e di Avvenire manifestano, alleandosi con chi vuole morto e in galera il Berlusca. Sia chiaro: non perché il Cavaliere ami certe serate diciamo così salaci. I protestari delle «dieci domande» ripetute ossessivamente usano la menzogna sistematica, il regime verso cui marciano compatti è la dittatura del relativismo. È più forte di loro, puntano lì da trent’anni, da quarant’anni.
Un esempio. Qualcuno ricorda? 1976, Seveso, la diossina esplosa da una fabbrica in Brianza. La sinistra di Repubblica e dell’Unità (sempre loro) sostenne: le donne devono abortire. Perché? «O aborto o un mostro in pancia». Il cardinale di Milano, Giovanni Colombo, propose con coraggio: «Non uccidete le creature in grembo, ci sono famiglie cattoliche pronte ad adottarli, fidatevi. E poi chi dice nasceranno deformi?». Umberto Eco, prima firma nobile dell’appello anche stavolta, come al tempo della condanna a morte di Luigi Calabresi sull’Espresso, lo ridicolizzò sul Corriere della Sera. Risultato di questa campagna di libertà: 33 aborti indotti con la paura. Il libro reclamizzatissimo di una giornalista-politica dell’Unità, Laura Conti, fu intitolato: «Una lepre con la faccia di bambina». Le madri cedettero.

Nessuno dei 33 bambini - si scoprì poi - aveva alcuna deformazione. E adesso voi dell’Ucsi e di Avvenire vi mettete a marciare con in testa i vessilli di questa cultura da strazio? Andateci e magari il cardinal Bagnasco vi benedice pure, tanto il cattivo è il Giornale, non è vero?

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