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Chi ci guadagna nel Pd con il Boeri degradato ad assessore semplice

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A mezzanotte passata Stefano Boeri torna in rete. Era rimasto in silenzio quasi tre giorni perché (anche) i commenti su Facebook negli ultimi mesi - dalle ripicche su Expo ai continui attacchi contro Roberto Formigoni - sono stati una delle cause per cui la sua poltrona a Palazzo Marino ha traballato da venerdì scorso. Ma dopo le consultazioni-farsa tra sindaco e maggioranza e l’incontro di un quarto d’ora in serata con Giuliano Pisapia per firmare la tregua, l’«archistar» festeggia a caldo sul social network: «Torno a fare l’assessore e ne sono felice». Si scusa con i supporter per l’assenza forzata, «in questi giorni ho scritto pochissimo e letto tutto, ho ricevuto consigli e energie come sempre». Ringrazia «con il cuore» chi lo ha «aiutato a capire e superare un passaggio difficile e pieno di insidie. Farò di tutto per trasformare questa vicenda in un moltiplicatore di energie e intelligenza politica per Milano e la nostra giunta». Grande entusiasmo. Ma il segretario della Lega Igor Iezzi ironizza: «Bravo Pisapia, finalmente diminuisce le poltrone. Da oggi la giunta è formata da 11 assessori e un soprammobile». Non è solo questione di deleghe.
Boeri è tornato in giunta dimezzato. Tiene Cultura, Moda e Design ma perde Expo che verrà affidata a un comitato di assessori coordinato dal sindaco. Lui (che doveva guidarlo) ne farà parte al pari di De Cesaris (Urbanistica), Maran (Mobilità), Majorino (Welfare) Tajani (Lavoro). E l’uomo di punta del Pd diventa «sorvegliato speciale» dal suo partito. Come ha sottolineato la capogruppo Carmela Rozza dopo l’incontro con il sindaco, il gruppo «sarà il primo controllore, rigoroso, della lealtà e del rispetto della collegialità» da parte di Boeri. Alla prima voce fuori dal coro, alzerà per primo il cartellino rosso. Frase che crea dissensi nel gruppo: «Boeri sarebbe sotto tutela del suo stesso partito? Spero sia una barzelletta» avverte il consigliere Carlo Monguzzi, uno dei pochi a schierarsi al fianco dell’architetto. Interviene anche il consigliere regionale Franco Mirabelli: «Pensare che il problema di Milano sia controllare Boeri è una stupidaggine». Se il Pd ne esce con le ossa a pezzi vista la figuraccia nazionale sull’ex candidato alle primarie e capolista, dalla vicenda traggono vantaggio la capogruppo e il segretario provinciale Roberto Cornelli. Boeri oltre a metà deleghe e alla «supervisione» tocca incassare un terzo smacco. Non sarà più capodelegazione del Pd in giunta. Ruolo che gli permetteva di intervenire quasi su tutto, e origine di parecchi scontri: in primis, quelli con l’assessore al Bilancio Bruno Tabacci sui conti e la vicenda Sea-Serravalle. A rapportarsi direttamente con il sindaco su progetti e linea politica oltre alla Rozza sarà Cornelli. Quella parte del Pd che, ironia, da mesi Boeri chiedeva di «rigenerare». Ma proprio Cornelli ha dovuto trattare per il suo rientro in giunta.

E ieri ha rimarcato: «Non ho mai fatto entrare in questa questione la discrasia che c’è tra me e Boeri sulla rigenerazione del partito, abbiamo evidentemente idee differenti ma sono problemi che adesso non centrano. Su Expo, per evitare frizioni tutti hanno preferito che le deleghe fossero restituite al sindaco». Che oggi o al massimo lunedì riferirò sul caso in consiglio.

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