
Una scoperta casuale potrebbe riscrivere l'assassinio del poeta andaluso Federico García Lorca, ucciso il 19 agosto 1936 per mano dei franchisti. Il quotidiano madrileno El País, rilanciato da Adnkronos, racconta il ritrovamento di un'opera teatrale inedita e datata 1946. L'autore è Luis Rosales, poeta e intimo amico di Lorca.
Lorca trascorse proprio da Rosales i giorni precedenti alla tragica uccisione; fu prelevato da uno squadrone della morte a casa Rosales. L'opera, intitolata Por qué?, non fu mai pubblicata né rappresentata. Per quasi ottant'anni il manoscritto è rimasto nascosto. Fino a quando Noemí Montetes-Mairal, docente dell'Università di Barcellona, non l'ha rinvenuto nell'Archivo Histórico Nacional.
"È una scoperta sconvolgente" ha commentato Montetes-Mairal con El País. Il testo, firmato anche da un misterioso Alfonso Moreno, è attribuibile quasi interamente a Rosales, secondo l'esperta. In un passaggio chiave della scena terza, un personaggio chiamato Luis - alter ego evidente dell'autore, anche per la posizione sociale borghese con rapporti altolocati - confessa di aver denunciato un uomo rifugiato nella sua casa. Un atto che, per quanto presentato come appartenente a un contesto rivoluzionario fittizio, riecheggia drammaticamente la vicenda reale: Lorca fu arrestato nella casa dei Rosales nel 1936, pochi giorni prima della sua esecuzione. Il nome del personaggio tradito nella finzione, "Krodar", è già di per sé un indizio inquietante: contiene le stesse vocali e due consonanti in comune con "Lorca". Ma più delle coincidenze, è la forza delle parole a scuotere: "Da allora il suo ricordo turba la mia coscienza. Mi ripetevo continuamente: Sei un delatore!". Un'autodenuncia? Non per gli studiosi. "Chiunque potrebbe pensare che Rosales, in quel frammento, si stia autoaccusando, ma è impossibile. Non è una confessione, ma un atto di espiazione morale", chiarisce la ricercatrice. "Rosales non tradì Lorca. Tutte le prove finora raccolte lo escludono". Eppure, è innegabile che Rosales si sia sentito responsabile per non essere riuscito a impedire la tragedia. In altre parole, si sentiva colpevole per essere sopravvissuto, sottolinea Montetes-Mairal. Secondo la ricostruzione più accreditata, fu lo stesso Lorca a chiedere rifugio a casa dei Rosales, ritenendola più sicura rispetto ad altre opzioni, come quella offerta dal musicista Manuel de Falla. Luis Rosales e i fratelli Miguel e José fecero di tutto per salvarlo, arrivando persino a sfidare apertamente le autorità falangiste. Dopo l'arresto del poeta, i Rosales cercarono di intervenire presso il governo civile di Granada. José arrivò a minacciare con un'arma il comandante José Valdés. Luis fu sottoposto a processo e condannato a una pesante ammenda pagata dal padre, evitando per un soffio la prigione o la morte. Ma il dolore rimase.
Perché allora Luis Rosales scrisse un'opera in cui si autoaccusa, quando in realtà rischiò di fare la stessa fine del suo amico? Può questo cambiare la versione riconosciuta dei fatti? Ian Gibson, lo storico e biografo più autorevole di Lorca, interpellato dal quotidiano spagnolo, definisce la scoperta "importantissima" e spiega: "Luis Rosales non fu il responsabile della morte di Lorca, ma portò quel peso per tutta la vita". Il vero colpevole, secondo Gibson, fu Ramón Ruiz Alonso, politico rivale dei Rosales, che approfittò della situazione per vendicarsi e denunciarli per aver protetto un "rosso".
La nuova opera di Rosales contiene anche una potente critica ai regimi totalitari. Scritta nel cuore della dittatura franchista, non avrebbe mai potuto essere pubblicata all'epoca. "Il teatro era il genere più censurato", ricorda Montetes-Mairal. Non a caso la pièce fu letta solo in forma privata, tra colleghi della rivista Escorial, per poi scomparire. Ora che riemerge, il dramma Por qué? si impone come una testimonianza preziosa, non tanto per rivelare colpe o verità nascoste, quanto per mostrare l'effetto devastante del trauma storico sulla coscienza individuale.
Rosales, pur innocente, si sentiva colpevole. E scrivendo, forse, cercava una forma di redenzione.
"Se fosse stato colpevole, non l'avrebbe mai scritto. Ma se non avesse sentito quel dolore, non lo avrebbe scritto comunque", conclude Montetes-Mairal. Ma non c'è dubbio che la notizia abbia riaperto una delle ferite più profonde inferte dalla Guerra civile...