Viviana Persiani
Chi ha ucciso Marie Claude?; questo il dilemma attorno al quale di dipana l'intera vicenda dell'omonimo spettacolo che la compagnia Quintedicarta porterà in scena (dal 2 al 4 giugno)al Teatro Ariberto. Tratto liberamente da Le Polygraphe di Robert Lapage, che i milanese hanno potuto conoscere qualche stagione fa al Teatro Piccolo con l'interpretazione della brava Stefania Rocca e la regia dello stesso autore, Chi ha ucciso Marie Claude? conserva intatta la suspence che governa l'intero testo noir.
Santino Preti, traduttore del testo di Lepage, nei panni dell'investigatore David, racconta come la versione di Quinte di carta sia meno complessa e articolata della messinscena di Lepage. «Credo che non tutti sappiano che le polygraphe è la macchina della verità; quindi per non creare confusione e soprattutto per non spaventare la pletea, riprendendo una frase che viene pronunciata più volte durante lo spettacolo, abbiamo preferito un titolo più comune».
Quindi avete semplificato tutto?
«No, la trama è identica; la storia si sviluppa attorno all'omicidio di una ragazza, Marie Claude Legarè, appunto che viene violentata e accoltellata. Di questo delitto viene accusato un amico gay della vittima, cameriere, ma al tempo del misfatto studente della facoltà di Scienze politiche, sottoposto a domande, interrogatori e, alla fine, anche alla macchina della verità?
Chi è il colpevole?
«Secondo le polygraphe, Francis è innocente, ma in realtà, nulla si comprende con chiarezza, anche perché la cronaca parla del suicidio di un presunto colpevole: la platea resta con il dubbio».
Come è stata semplificata questa versione rispetto a quella di Lepage?
«Il nostro regista Toni Caroppi ha sfruttato il teatro nel teatro; in realtà, si mette in scena il lavoro di una compagnia che, volendo allestire un fatto di cronaca realmente accaduto in passato, si ritrova ad analizzare e a studiare il caso. Si gira il film del fatto di cronaca nera e i personaggi ne rivivono le emozioni con le loro verità e menzogne, realtà e finzioni, impotenza dell'uomo a separarle per trovare una verità. Rispetto all'allestimento del suo autore, lavoro molto artificioso, costruito attraverso proiezioni cinematografiche, filmati, macchie di sangue molto realistiche e suggestive, noi abbiamo preferito la semplicità puntando su una scenografia dove prevale il colore nero e lasciando che i singoli personaggi connotassero lo spazio entro il quale si muovono».
Che tipo di linguaggio ha utilizzato per la traduzione?
«Ambientando la vicenda nei suoi spazi originali, quindi tra Montreal e la regione del Québec ha mantenuto fede alla vicenda, traducendola con un linguaggio pulito, trasparente, senza espressioni slang o termini tecnici incomprensibili».
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