Chi resta in corsa per il Partito democratico

Oltre al sindaco di Roma, Walter Veltroni, corrono altri big: Rosy Bindi, Enrico Letta, Furio Colombo. Un giornalista, Mario Adinolfi, e due outsider, Jacopo Gavazzoli Schettini e Lucio Cangini

Roma - Sono sette gli aspiranti candidati alle primarie del Partito democratico. L'ufficio di presidenza del Pd ha detto no alle candidature del ministro Antonio Di Pietro e del leader radicale Marco Pannella. Motivazione: non hanno sciolto i loro partiti. Vediamo chi resta in corsa per la leadership del partito democratico.

Walter Veltroni 52 anni, romano, nel 1976 è già consigliere comunale del Pci a Roma, poi deputato, vicepresidente del Consiglio nel primo governo Prodi, segretario del Pds, e attualmente sindaco di Roma. È sceso in campo il 27 giugno con un discorso al Lingotto di Torino. Il suo manifesto "Fare un’Italia nuova" indica i compiti di «un partito nuovo e aperto a tutti» sulla strada della modernizzazione del paese. Ecco le priorità: «Riunire gli italiani restituendo loro fiducia e speranza. Cambiare il nostro paese in modo radicale e realistico, facendolo crescere lungo la via dell’innovazione, della libertà e della giustizia sociale. Animare una politica capace di superare le contrapposizioni esasperate».

Enrico Letta 40 anni, pisano, attualmente è sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Formatosi alla scuola di Beniamino Andreatta, assume giovanissimo incarichi importanti al ministero degli Esteri e, poi, al ministero del Tesoro. A 30 anni viene eletto vicesegretario del Ppi, e a 32 è ministro delle Politiche comunitarie nel primo governo D’Alema. Nel secondo governo D’Alema diventa ministro dell’Industria, Commercio, Artigianato: incarico che gli viene confermato nel successivo governo Amato. Ulivista convinto, insieme a Dario Franceschini e a Beppe Fioroni, Letta viene indicato come la nuova generazione di dirigenti dei cattolici democratici. Si è parlato di una sua candidatura alle primarie per la segreteria del Pd fin dal primo momento, ma lui ha sciolto la riserva solo da pochi giorni.

Rosy Bindi Nata a Siena, 56 anni, parlamentare europea nel 1989, tra le fondatrici del Ppi, ora ministro della Famiglia, incarico che lascerà in caso di vittoria. Si è candidata il 16 luglio e ha deciso di correre «per una vera competizione», perchè «è il momento delle donne», per costruire un partito «per il bipolarismo e la laicità» e per un’ «Italia più libera e giusta» e, in polemica con le decisioni del Comitato dei 45, perchè «le persone sono più forti delle regole».

Furio Colombo Nato a Chatillon (Val d’Aosta), 76 anni, deputato del Pds, poi direttore dell’Unità nella stagione dei girotondi e ora senatore della Quercia. Ha deciso di presentarsi alle primarie il 15 luglio, con un annuncio sulla prima pagina dell’Unità. Apprezza Veltroni ma è convinto che «se si costruisce un partito guardando all’America» ci deve essere un pluralismo di candidati e idee. «Sono un liberal - afferma - e ritengo che la posizione dei laici valga quanto quella dei cattolici». C’è poi un altro tratto distintivo: «Walter si sbaglia: l’antiberlusconismo è ancora vivo».

Mario Adinolfi 35 anni, giornalista, leader del movimento ’Democrazia direttà, usa il blog come megafono delle sue idee e battaglie. Ha deciso di candidarsi il 18 luglio «per la democrazia diretta, da outsider, per una generazione esclusa»: gli under 40.

Jacopo Gavazzoli Schettini Direttore dell’Agenzia Europea di Investimenti, è sceso in campo il 3 luglio, sospendendosi dall’ incarico. «Credo profondamente in un capitalismo più sostenibile, aperto e trasparente di quello che c’è ora, credo in una pubblica amministrazione che si fondi sul valore della responsabilità sociale».

Lucio Cangini Originario di Sarsina (Forlì), 63 anni, vicepresidente per 18 anni dell’Unione delle Comunità montane, ha esperienze politiche come sindaco di Sarsina e consigliere comunale Ds.

La sua candidatura, annunciata il 17 luglio, ha un manifesto di un solo punto: valorizzare la montagna, che «interessa il 50 per cento del territorio italiano, pari a 4200 comuni e 11 milioni di abitanti che producono il 16% del pil nazionale».

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