Tra le attività intellettuali logoranti bisogna annoverare lo sport consistente nel tenersi in equilibrio sulla cresta che separa il precipizio del dogma dallabisso dellopinione. Difficile equilibrismo, se è vero che persino le menti più conseguenti tendono a scivolare a valle lungo i fianchi della montagna.
Si tratta di un cedimento comprensibile, e in fondo umano: cosa cè di più rilassante dellaffidarsi ad una legge, una qualsiasi, purché sia ritenuta universalmente valida? Il dogma tranquillizza più del valium. Peccato solo che lopzione opposta e contraria, a ben vedere, possieda le medesime virtù ansiolitiche: «Jeder nach seiner Façon», amava ripetere il re di Prussia Federico il Grande, ognuno segue le sue convinzioni. Distinguendosi in ciò dal filosofo Immanuel Kant, suo massimo ammiratore: il quale, di Federico, apprezzava finanche le mediocri composizioni per flauto o i discutibilissimi versi, ma che su quella cresta affilata, posta alla stessa distanza dal dogmatismo e dallempirismo, era ben deciso a rimanere.
È per lappunto Kant leroe del saggio con cui Massimo Onofri, docente universitario e attivissimo critico militante, dà il suo contributo alla fioritura teorica che ha caratterizzato il panorama culturale italiano negli ultimi anni. Il sottotitolo del volume, in particolare, è di quelli che mirano in alto: La ragione in contumacia. La critica militante ai tempi del fondamentalismo (Donzelli, 121 pagg., 15 euro). Perché la critica in senso kantiano, con tutto il suo benefico scetticismo, è anche questo: la goccia di limone che ha il potere di schiarire in un baleno lopaco tè degli integralismi. Sono strette, le relazioni tra critica, letteratura e politica: Sciascia, ricorda opportunamente Onofri, assicurava che «nei Promessi sposi si potevano trovare pure le Brigate Rosse...».
Scetticismo, si badi, non vuol dire rinuncia ad una selezione: come mostrano i dardi scagliati contro alcuni fra gli autori più amati dal pubblico, da Milena Agus ai «neo-macheronici» Camilleri e Niffoi, fino alle frecce che bucano e sgonfiano una star planetaria come Tahar Ben Jelloun, tacciata sans merci di furbo esotismo. È esigente, Onofri, con i lettori, forse anche severo: la passione per gli intrecci, quella che impone di voltare compulsivamente le pagine, è equiparata alla passione per il formaggio.
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