Chi tradisce in casa perde tutti i beni avuti con le nozze

Si paga cara l’infedeltà coniugale assaporata nella camera da letto dove - tutte le sere - ci si addormenta con il proprio consorte dopo aver mandato a letto i bambini. La Cassazione, con una sentenza ha trovato particolarmente riprovevole il tradimento «domestico» di una moglie siciliana, con un ragazzo molto più giovane di lei. E le ha revocato la proprietà di alcuni appartamenti che il marito, noto architetto di Messina, le aveva cointestato - pur avendoli acquistati con i suoi soli soldi - durante quindici anni di matrimonio. Insomma - sottoscrivono gli «ermellini» - merita di perdere i beni più preziosi, avuti per la generosità del coniuge, chi lo ripaga con «unioni» adulterine realizzate tra le lenzuola del lettone matrimoniale. In particolare, la Seconda sezione civile della Suprema Corte - con la sentenza 14093 - ha convalidato la «revocazione per ingratidutine» di tutti gli immobili che Silvana P. aveva ricevuto con donazioni da Aldo I., al quale era sposata dal 1960. Tutto procedeva bene finché, nel 1975, Aldo si accorge che la moglie ha un focoso amante ventritrenne.

Per la Cassazione, «con motivazione incensurabile» i giudici del secondo grado hanno ritenuto che «costituiva ingiuria grave non tanto l’infedeltà coniugale quanto l’atteggiamento complessivamente adottato, menzognero e irriguardoso verso il marito, all’insaputa del quale Silvana si univa con l’amante nell’abitazione coniugale». La povera ex moglie è stata anche condannata a pagare 3100 euro di spese legali al «Palazzaccio».

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