CHIACCHIERE AL POTERE

Solo chiacchiere e orecchino. Questo è Nichi Vendola, Governatore della Puglia. L’orecchino è l’orecchino, il monile che Vendola s’appunta all’orecchio. Segno di diversità, di traballanza di genere. Le chiacchiere sono le chiacchiere, come quando annunciò, appena eletto, che avrebbe condotto una grande battaglia per rimettere in sesto la sanità pugliese, palla sociale ed economica al piede della regione. Chiacchiere: non l’ha rimessa in sesto, non ha impedito che diventasse - a quanto pare: ma intanto la Magistratura indaga - una lucrosa fonte di tangenti e non l’ha risanata economicamente. Di contro, il costo del chiacchiericcio demagogico di Nichi Vendola ammonta a un paio di centinaia di milioni. Prima della comparsa dell’uomo con l’orecchino la sanità pugliese poteva infatti vantare un attivo di nove milioni. In tre anni di amministrazione Vendola quell’attivo ha mutato in passivo, in un buco di 211 milioni. Ciò che significa averla resa, la sanità pugliese, più azzoppata, più malconcia di quanto era già prima. Con le conseguenze, onerose, e per l’erario e per il cittadino.
Messa alla prova, anche l’estrema sinistra - quella che si richiama ai valori del comunismo e che al pari della sinistra riformista non fa che predicare il rigore e il primato dell’etica nell’amministrazione della cosa pubblica - s’è rivelata per quella che è: fanfarona, parolaia, e, col danaro del contribuente, inaffidabile. Il dirsi vicini, culo e camicia con il popolo, con la classe lavoratrice, consapevoli pertanto di quanto grama sia la vita e dunque vitale non sprecare un solo soldo, avrebbe dovuto farli più saggi e prudenti contabili, una volta nella stanza dei bottoni. Ma non è andata così: 211 milioni in tre anni, mica spiccioli.
A Bari sta dunque cadendo, se non è già caduto, l’ultimo puntello in cartongesso della sbandierata diversità antropologica, della insistita superiorità culturale e morale della sinistra che Vendola, col suo orecchino e la sua chiacchiera, intendeva rappresentare al meglio. È più forte di loro: virtuosi, austeri e temperanti quando ne sono privi, appena arraffano un po’ di potere è come se volessero recuperare il tempo perduto. Il «Finalmente abbiamo una banca!» dell’antropologicamente diverso Piero Fassino lasciò trapelare molto bene i connotati della vera natura di una sinistra sempre pronta a salire in cattedra per impartire lezioncine di bon ton istituzionale, ma che quando se ne offre l’occasione fa propri gli andazzi del malgoverno, allunga le mani, non si cura dei conti in rosso, gestisce la cosa pubblica con leggerezza e superficialità inaudita pensando solo a consolidare il proprio potere, ad aumentare il numero dei clientes.

Seguitando intanto a tener alti i labari della questione morale, a gettare fumo negli occhi, a indignarsi per le scappatelle di Papi senza però battere ciglio per un Vendola che manda in malora la sanità della Puglia. Regione che non a caso risulta essere il sangiaccato di Massimo D’Alema. Politico intelligentissimo, chi lo nega?, ma per il quale, stando ai fatti, il potere è come la rivoluzione per Mao. Non un pranzo di gala.

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