Chiambretti e Pier Silvio all’Arci: "Un nuovo compromesso storico"

Lo showman ha portato il vice presidente del Biscione in una storica sede di sinistra per sancire scherzosamente il passaggio a Mediaset

Chiambretti e Pier Silvio all’Arci: 
"Un nuovo compromesso storico"

Milano - Un brindisi con il lambrusco. Servito in bicchieri da osteria. Sotto una gigantografia di Gramsci. E tutt’intorno tendaggi rossi e tavolacci su cui mangiano la zuppa operai e impiegati stupiti dall’inedito caos.

Non è da tutti i giorni - anzi è la prima volta - vedere il primogenito della famiglia Berlusconi pasteggiare in un circolo Arci piuttosto che in una saletta riservata di un noto ristorante milanese. L’occasione è stata la presentazione del nuovo programma di Piero Chiambretti, in onda su Italia Uno dal 20 gennaio. Pierino la peste ha organizzato il singolare incontro in un antico «covo» dei comunisti per provocazione, ma soprattutto per sdrammatizzare. Dopo mesi di chiacchiere e accuse sul «traditore», sull’uomo di sinistra, il «Portalettere» e il «Laureato» che da Raitre (passando per la tv dei «fighetti» di La7) approda al nemico Mediaset, lui (per cui comunque è stata una decisione sofferta) ci ha voluto giocare sopra, battezzando il tutto come un nuovo «compromesso storico». E Pier Silvio ha accettato di presenziare alla conferenza sorridendoci su pure lui: «Mi fa piacere andare in un circolo Arci, visto che non ci sono mai stato». Il circolo prescelto è stato l’Arci di via Bellezza, sede storica milanese di ritrovo del popolo di sinistra, un tempo «società di mutuo soccorso». Che è stata presa d’assalto da telecamere e cronisti come mai nella sua storia, sia per l’evento Chiambretti sia per «interrogare» il vicepresidente Mediaset sulla questione dell’aumento dell’Iva a Sky e anche al digitale terrestre della casa del Biscione. «Si tratta - ha detto il vicepresidente - di un caso di conflitto di interesse al contrario. La nostra azienda subisce un danno dall’aumento dell’Iva per gli abbonamenti di Mediaset Premium, tra l’altro in un momento di start up, ma non abbiamo protestato. Sky ha avuto una reazione scomposta e ha coinvolto anche i telegiornali, cosa che noi non abbiamo mai fatto».

Del programma di Chiambretti è presto detto: sarà un ideale proseguimento di Markette in onda fino alla scorsa stagione su La7. Ma, invece di stigmatizzare la pubblicità che si fa in Tv, si metteranno alla berlina i falsi numeri uno, cioè le star che tali non sono, per «certificare» invece i veri idoli. Il giudizio finale sarà dato da Diego Abatantuono, coinvolto a pieno titolo nel programma. Chiambretti night, così si intitolerà lo show, andrà in onda dal 20 gennaio in seconda serata (alle 23,45) al martedì, mercoledì e giovedì e tornerà anche a settembre.

Ma è il passaggio in sé di Chiambretti a Mediaset a suscitare scalpore. Su cui Pierino ha ricamato regalando ai giornalisti una serie di battute che da sole basterebbero per un mini show. «Perché siamo qui?» - ha esordito lo showman - «perché siamo arci-contenti di un nuovo programma e perché alcuni tra noi sono arci-miliardari». E ancora: «Ho fatto due scommesse: una, portare in un circolo comunista Pier Silvio Berlusconi. E ci sono riuscito. L’altra, più difficile da vincere, è quella di portare il figlio di Bossi all’università». Se non bastasse: «Pier Silvio era preoccupato di venire qui, ma l’ho rassicurato: ci sono solo comunisti, nessun abbonato Sky». Poi un po’ più seriamente Piero ha spiegato che, dopo la fine del contratto su La7 (non rinnovato per problemi di budget), gli erano state fatte varie offerte. «Raiuno mi aveva chiesto di condurre Affari tuoi su Raiuno, Raidue una serie di seconde serate, Raitre non si fa sentire da 15 anni, Sky di sperimentare nuovi show, ma tra tutte, quella più allettante è stata la proposta di Italia Uno: tre sere a settimana sulla rete giovane dove posso realizzare uno show ideato da me e non condurre un format già precostituito». Problemi politici? «No, come ha detto anche Moretti, destra o sinistra, non importa, basta che mi facciano lavorare come voglio io».

Insomma «sono e resto un uomo di sinistra, ma un conto è quello che si vota nell’urna e un conto il lavoro. Mediaset non mi impone niente, l’unico limite che mi è stato chiesto è quello del buon gusto e mi sembra che non mi manchi».

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