Cultura e Spettacoli

«Chiedo aiuto per le mie opere di bene»

Pubblichiamo qui di seguito la lettera, finora inedita, inviata il 5 maggio 1945 da don Carlo Gnocchi quasi certamente a Felice De Baggis, futuro sindaco di Campione d’Italia.

Caro e buon amico,
si ricorda ancora di un certo don Carlo Galbiati che una tarda sera dell’ottobre scorso venne a Campione, dopo aver messo in grave imbroglio la conoscenza anagrafica del Clero milanese del buon parroco di Campione, e si trovò poi essere non altri che don Carlo Gnocchi accompagnato dal suo un po’ troppo loquace (e quanto cara è stata pagata quella loquacità, forse annaffiata di buon vino!...) attendente alpino? Io lo spero; ma ad ogni modo don Carlo ricorda con viva amicizia e sentita riconoscenza la ospitalità e i favori dell’amico De Baggis, al quale gli italiani del Canton Ticino profughi devono un’immensa riconoscenza, per l’esempio loro dato di fattiva italianità e per il multiforme soccorso loro prestato nelle ore anche più tristi della loro vita d’esilio. Propio (sic) pochi momenti fa, il caro Gianfranco Da Pozzo, mi rifaceva il commosso elogio del Signor De Baggis e del cuore ambrosiano della sua milanesissima Signora.
Come sono andate le mie vicende ella certamente ha saputo. Arrestato dalle S.S. Germaniche col mio attendente Gino Schieppati e col Duca Marcello Visconti di Modrone (capo dell’organizzazione clandestina dei Carabinieri) fui in seguito rilasciato per una decisa azione del Cardinale in mio favore e per mancanza di prove; ma tenuto a firmare ogni giorno al Comando Germanico. Strappata con le torture una confessione della ragione dei nostri viaggi in Svizzera allo Schieppati, io me la squagliai immediatamente e dovetti vivere alla macchia per sei mesi, braccato dalle S.S., dalle Brigate Nere, dalla Muti e dalla Mas di feroce memoria. Con l’insurrezione di Milano potei tornare alla luce del sole e Schieppati esser liberato da S. Vittore.
Ora io mi sono dato a far del bene. È la mia vocazione ed è un debito di riconoscenza che intendo saldare col Signore che in guerra mi ha salvato la vita e nella galera mi ha salvato dalla fucilazione (accuse: intelligenza col nemico e alto spionaggio!!) o almeno dalla deportazione. Ecco perché ho fondato un’Opera di soccorso per i reduci internati dalla Germania e sono Direttore dell’Istituto Grandi Invalidi di guerra ad Arosio. Intendo anche fondare qualche cosa per gli Orfani di guerra e delle incursioni.
Per queste opere ho assoluto bisogno dell’appoggio degli Alleati. Occorrerebbe perciò che la Commissione Alleata di Milano sapesse quello che io ho fatto ed ho arrischiato e anche sofferto per la causa alleata. Qualche cosa ho già potuto dimostrare; ma a parte che è sempre molto antipatico parlare di sé, dovrebbe essere il Console americano a Lugano a presentarmi e raccomandare il mio lavoro agli Alleati. Non vorrebbe Lei interessarsi di farmi avere da Jonson \ una presentazione del genere ed una dichiarazione del mio operato? Quanto essa sarebbe utile ai miei Invalidi ed a quanti intendo aiutare! Mi affido a Lei caro amico. Il Signore gliene sarà grato come di opera veramente buona e la benedirà. Veda lei la forma; se dirigerla a me o alla Comm. Alleata o a tutt’e due. Mi affido al suo buon cuore. Si raccomandi non me, ma le opere di beneficenza che io dirigo.
Grazie, grazie. E la mia benedizione per Lei e per la sua Signora.

Arrivederci a Milano presto. Guai se non viene a trovarmi!

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