Chimenti: «Quando Rocca batté Tiger con una magia»

Lea Pericoli

Si definisce «un vecchio uomo di sport» Franco Chimenti, presidente della Federazione italiana golf. La nostra è una amicizia che risale agli anni magici del tennis. Il ventennio tra, il 1960 e il 1980. Franco era un grande appassionato: «Ero un vero fanatico della racchetta - ricorda - ero socio del Parioli e giocavo tutti i giorni. Avevo un palco sul Centrale del Foro Italico e quando c’erano gli Internazionali d’Italia non mi perdevo un match. Il mio amore per il tennis era legato ai mitici nomi di quell’epoca. Al tuo, a quello di Pietrangeli, Gardini. Poi di Panatta, Barazzutti, Zugarelli. E sono stato fortunato perché vi ho ritrovati tutti nel golf». Dopo una pausa aggiunge: «Quasi tutti a eccezione di Fausto Gardini che ebbe un pessimo rapporto con la pallina. D’altra parte Fausto era un tipo poco incline alle rigide regole dello stile. Aveva inventato un suo modo di giocare a tennis. E questo non si può fare nel golf».
Franco Chimenti lasciò il tennis quando il maestro Umberto Bartoni, capostipite di una dinastia di tennisti, lasciò il Parioli: «Ora sono socio alla Canottieri Aniene, ma non gioco più». Gli chiedo di spiegarmi la differenza tra il tennis e il golf. «La differenza è che nel golf, non c’è immediatezza. Si ha troppo tempo per riflettere e questo crea frustrazione. Pensare induce alle psicosi. Per questo molti golfisti ricorrono agli strizzacervelli. Io capii quanto fosse diabolico il gioco quando alla buca 5 del Pevero, vidi un golfista scaraventare una pallina nella macchia. Lui chiuse gli occhi disperato senza accorgersi che il maestrale, non solo gli aveva riportato la palla in campo ma l’aveva fatta rimbalzare in buca! Il golf è un gioco che può fare impazzire. È una droga, come dice Shevchenko». Il presidente spiega cosa ha di così affascinante il golf: «A differenza di tanti altri sport è un gioco abbastanza statico, eppure anche se ti cimenti sullo stesso campo cento volte non avrai mai la pallina piazzata nello stesso posto. Per questo le varianti e le difficoltà sono infinite». Voglio che mi dica quale è stato il più grande campione. «Ho visto giocare tutti i grandi. Ma uno solo è rimasto nel mio cuore: Costantino Rocca, un autentico genio. Ricordo le emozioni pazzesche nel British Open. Di alcuni suoi colpi, nel circuito, si parla ancora». Poi Chimenti racconta il match play giocato da Rocca nella Ryder Cup contro Tiger Woods: «Avevo seguito la sfida dall’inizio. Tiger era molto più potente, eppure Rocca gli stava addosso. Ricordo che il capitano era Ballesteros. Alla buca 16 Tiger, che ostentava grande sicurezza, tirò un drive pazzesco in mezzo al fairway. Costantino con il primo colpo finì dentro la foresta. Andammo a cercare la palla. La trovammo sotto gli alberi. La bandiera era a 50 metri, davanti c’era un bunker. Ballesteros gli consigliò di mettere la palla in campo. Ma lui prese un ferro 1, dicendo: «Se la tengo bassa e colpisco la cima del bunker, rotola in bandiera». Ballesteros scosse la testa e non riuscì a guardare. Costantino tirò. La palla rotolò sul green dandogli un facile putt. Grazie a quel miracolo, Rocca, portò il punto della vittoria.

Franco Chimenti è entrato nella giunta del Coni, impresa storica per uno sport con così pochi praticanti. Oggi il suo obiettivo è quello di rendere popolare il golf: «Credo nei campi pubblici. E, spero di poter ottenere un campo, di proprietà della Federazione, a Roma».

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