Andrea Indini
«Fra quattro mesi me ne vado». Sono bastate poche parole al numero uno della Polizia Municipale, Antonio Chirivì, per annunciare il suo ritiro. Niente di «ufficiale», una frase «buttata là», in tutta confidenza, ai suoi colleghi. Inaspettata e accolta con stupore, è subito passata di bocca in bocca.
Non arriva alcuna smentita. È tutto vero. «Dopo quarantadue anni nellArma dei carabinieri e altri otto allinterno del Corpo di piazza Beccaria - spiega il comandante -, è ora che io mi metta da parte». Lannuncio è arrivato giovedì in tarda mattinata, durante il rinfresco organizzato da Sergio Lago, funzionario di zona Certosa. È infatti prassi dei vigili anziani organizzare un pranzo per annunciare ai colleghi il proprio pensionamento. Così, un centinaio di «ghisa» riuniti per brindare a Lago hanno ricevuto, senza aspettarselo, la notizia: Antonio Chirivì, il comandante dei vigili urbani, che nel bene e nel male ha segnato negli ultimi anni il volto di Milano, si ritira.
Non parla, però, di pensione: «Quelle son solo voci che mettono in giro». Forse non fa parte del suo vocabolario, ma il significato è più o meno quello. «Il mio mandato scade fra quattro mesi - spiega Chirivì - e mi è sembrato giusto comunicarlo giovedì durante i festeggiamenti per Lago, unoccasione lieta a cui erano presenti tutti i miei colleghi». «Sentiremo tantissimo la sua mancanza», interviene subito il rappresentante del Coordinamento sindacale autonomo (Csa), Roberto Miglio, che si dispiace di non esser stato presente ai festeggiamenti. «Noi tutti - prosegue con una certa ironia - resteremo orfani: un padre così non ci era mai capitato e penso che non ci capiterà una seconda volta». E precisa: «Nel bene e nel male».
Dopo otto anni di linea dura e numerosi attacchi un po da tutti i fronti (dai Ds alla Lega ad An), il comandante Chirivì raggiunge i cinquantanni di professione. Lex generale dei carabinieri, che nel 1997 era stato messo a sedere sulla poltrona più importante di piazza Beccaria, si era trovato a dover fare i conti con i sindacati, con i suoi stessi uomini (famoso limperativo che nel 98 aveva lanciato ai vigili: «Stiano in strada, non al bar») e con una città troppo abituata a infrangere le regole. Nel 2001 aveva tuonato: «I ghisa non fanno multe». Così, iniziava lera della tolleranza zero. Politica che alla fin fine si è rivelata vincente. Le multe sono diminuite del 30 per cento. «Una sanzione applicata correttamente e con rigore - ha affermato, proprio in questi giorni, il sindaco Gabriele Albertini - induce allautodisciplina. A questo punto, non è più necessario sanzionare un comportamento deviante, perché questo non cè più».
Ora, ci si chiede chi lo sostituirà. «Non si possono fare nomi», si affretta a precisare lo stesso Chirivì. Qualcuno fa il nome di Emilio Bezzon. «Sicuramente è il più accreditato - spiega il sindacalista Miglio -, ma darlo per certo sarebbe un gravissimo errore.
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