Chirurgia mininvasiva per l’anca

Cessa il dolore e si riacquista la mobilità. Questi i risultati concreti che spingono anche persone con 80 o 90 anni a sottoporsi all’intervento chirurgico di protesi d’anca. Dalle prime operazioni effettuate trent’anni fa grazie ad un progresso continuo che ha perfezionato le protesi e le metodiche si è giunti ai 70mila interventi che si eseguono ogni anno in Italia. Parliamo di questo intervento, di come nel tempo si è sviluppato e soprattutto delle tecniche più innovative con il dottor Carmine Cucciniello, dell’ospedale di ortopedia e traumatologia Gaetano Pini di Milano, un Centro di riferimento a livello europeo.
Cucciniello, è nato ad Alessandria nel 1956, da quasi dieci anni dirige l'Unità di ortopedia correttiva, una struttura di grande esperienza e ampie casistiche nella chirurgia dell'anca sia protesica di primo impianto sia nella chirurgia di prevenzione dell'artrosi dell'anca displasica con interventi di osteotomia di femore e di bacino. Si interessa di queste patologie dall’inizio degli anni Ottanta, quando entrò al Pini come assistente (poi divenne aiuto) del professor Gianni Randelli, un pioniere dell’ortopedia italiana, ben conosciuto anche all’estero. Ha perfezionato la sua formazione lavorando in Centri ortopedici d’avanguardia negli Stati Uniti (a Boston con il professor Harris), in Giappone ed in Europa (in Germania con il professor Wagner, poi a Londra e Plymouth). Il suo team esegue oltre 150 interventi all’anno di sostituzione protesica dell’anca, impiegando le tecniche più moderne.
L’artroprotesi d’anca (o protesi totale d’anca) è una articolazione artificiale realizzata in leghe metalliche, materiali plastici o ceramiche, che sostituisce l’anca ammalata, eliminando la fonte del dolore in modo efficace e permanente. È costituita da una coppa e da uno stelo che vengono inseriti rispettivamente nell’acetabolo e nel femore. Sullo stelo viene assemblata una testa protesica, in metallo o ceramica, che si articola con la superficie interna della coppa. Un grande progresso è stato raggiunto con la chirurgia mini invasiva. «Senza grandi incisioni chirurgiche e grazie ad uno strumentario dedicato, si è ottenuto - precisa il dottor Cucciniello - il pieno rispetto della integrità anatomica delle strutture della regione dell’anca. L’adozione di uno stelo corto in titanio ha consentito di ridurre la lunghezza della protesi del 40 per cento, riducendo l’invasività dell’intervento. La vera innovazione di queste protesi è rappresentata dalle loro ridotte dimensioni: lo stelo infatti (ossia la parte che viene inserita nel femore) è ben diverso da quello impiegato nelle protesi del passato. In pratica va a riempire solo il terzo superiore del femore, risparmiando l’osso nella parte sottostante». Quali sono i vantaggi che questa innovazione ha rappresentato?
«Numerosi: in primo luogo il fatto che queste protesi possono essere utilizzate anche in soggetti con femori che presentano caratteristiche particolari, come ad esempio quelli di piccole dimensioni nei quali in passato era difficoltoso l’inserimento delle protesi tradizionali, poi quelli con marcata «pro curvatura». Il risparmio del tessuto osseo, inoltre, fa sì che durante l’intervento vi sia minor sanguinamento e di conseguenza minor trauma. L’impiego di materiali sempre più raffinati ha ulteriormente migliorato l’efficienza».
Le attuali metodiche si sono così raffinate che consentono di ottenere risultati clinici eccellenti in oltre il 90 per cento dei casi. Il recupero funzionale è inoltre precoce. L’intervento dura circa 30 minuti, i giorni di degenza ospedaliera sono 8-10, ma dopo 48 ore il paziente già riprende a camminare con l’aiuto di due stampelle, dopo quattro settimane usa solo un bastone. La rieducazione richiede uno o due mesi. Gli esercizi di fisioterapia sono importanti dopo una sostituzione totale dell'anca, perché condizionano, generalmente, la capacità di un paziente a ristabilire velocemente la propria camminata.
Grazie al costante miglioramento delle soluzioni adottate oggi è possibile sottoporre ad intervento chirurgico di protesi totale di anca anche quei pazienti portatori di gravi malformazioni sia di origine displasica che post-traumatica, senza limite di età. «L’aumento della durata della protesi - aggiunge Cucciniello - grazie ai materiali altamente biocompatibili ed agli steli a filosofia laminare, ossia con struttura a sezione rettangolare che incastrandosi perfettamente all’interno del canale del femore assicura la massima stabilità dell’intero impianto protesico, ha esteso l’intervento anche ai giovani che possono recuperare la funzionalità fino al punto di poter riprendere una attività sportiva.

Candidati alla protesi d’anca sono comunque soprattutto gli anziani ed i grandi anziani. «L'artrosi dell'anca - spiega Cucciniello - colpisce soprattutto le persone dopo i 50 anni, i sintomi sono una limitazione funzionale fino a forti dolori con immobilità».

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