Cultura e Spettacoli

Chiude la libreria di «Nottig Hill», ma è soltanto colpa dei lettori

Continuano gli appelli di residenti e vip per evitare la chiusura della Travel Boookshop. Eppure è un evento naturale grazie a internet e all'ipocrisia dei soliti intellettuali nostalgici del tempo che fu

Due settimane or sono ha conquistato le pagine dei giornali di tutto il mondo la notizia dell'imminente chiusura della Travel Bookstore di Notting Hill. Non si tratta semplicemente di una libreria specializzata che da trentadue anni supporta i londinesi nella loro sete di conoscenza «turistica». È diventata una vera icona della cultura pop da quando ha fatto da «quinta» alla love story raccontata nel film «Notting Hill» con Julia Roberts nei panni di una star hollywoodiana, e Hugh Grant in quelli un po' più economici e stazzonati del libraio londinese.
I giornali hanno fatto da megafono al comitato di residenti nato apposta per «salvare» la libreria. Non si può perdere un pezzo così importante della nostra identità, tuonano i londinesi chic. E un plotone di vip ci ha messo anche la faccia pur di salvare questo luogo incantato e pittoresco. Attori, registi, sceneggiatori, ma soprattutto scrittori, intellettuali, giornalisti e poeti si sono resi disponibili per difendere le sorti di una libreria che se non trova presto un acquirente è destinata a inevitabile chiusura. Il proprietario non ce la fa più ad andare avanti. I costi superano di gran lunga i guadagni. I suoi figli, inoltre, non intendono raccogliere un'eredità così pesante e problematica.
E allora che si fa? Semplice si dà agio all'ipocrisia più a buon mercato di conquistare il cuore (ma non il portafoglio) degli affezionati al verbo del politically correct. I vip hanno dato la disponibilità di lavorare gratis come commessi della libreria almeno un giorno alla settimana. I divi hollywoodiani hanno rilanciato l'appello a «fare qualcosa» anche su Twitter e su Facebook. I residenti già immaginano di portare al sindaco una petizione. Qualcuno più generoso si sta dando da fare per mettere in piedi una sottoscrizione. E tutto questo per cosa? Per salvare una libreria specializzata. Popolare non già per i libri che vende o per i servizi che offre, ma solo per aver fatto da quinta a un film tra i più fortunati al box office negli ultimi vent'anni.
«I turisti - racconta sconsolato il titolare della libreria - non entrano nemmeno. Si limitano a farsi immortalare davanti alla vetrina del negozio». E pensare che anche i feticisti hanno vita dura in tutta questa storia, visto che la libreria è servita soltanto da modello per abili scenografi, visto che è stata completamente ricostruita in uno studio cinematografico per dare agio agli attori di recitare in santa pace.
Ma torniamo al problema principale. Chissà perché la chiusura di una libreria fa sempre discutere e accende la curiosità e l'interesse dei media. E pensare che ci sono tanti esercizi e negozi che aprono e chiudono senza che nessuno se ne accorga. Anche molti negozi storici o esercizi che offrono servizi importanti chiudono senza che per loro si creino comitati di quartiere. Una libreria di viaggio, situata per giunta a Notting Hill, offre, invece, il destro a chi non riesce a frenarsi quando c'è da sciorinare la solita (e trita) solfa dei «tempi che cambiano e sempre in peggio».
Passando al setaccio tutti gli articoli usciti su questa storia si viene a sapere che il proprietario, Simon Gaul, non ha finora trovato nessuno disposto a rilevare l'attività che con passione e impegno ha portato avanti negli ultimi cinque lustri. Attorno a sé ha raccolto soltanto tanta simpatia e compassione. Lo stesso regista milionario di «Notting Hill», Richard Curtis, si è limitato a scrivere un appello su Facebook. I volti noti del quartiere si sono resi disponibili a lavorare gratis. Eppure nessuno ha fatto l'unica cosa che può salvare una libreria: comprare un libro.
Se tutti coloro che sono in qualche modo scesi in campo per questa «buona azione» si fossero limitati ad acquistare un volume della Travel Bookshop di mister Gaul sicuramente gli affari di quest'ultimo avrebbero da tempo preso una piega diversa. D'altronde per quale motivo si dovrebbe salvare una libreria se non per il vantaggio di avere un luogo a portata di mano dove comprare libri? Eppure nessuno ci ha pensato. Chissà se siamo maliziosi a sottolineare questa piccola incongruenza. D'altronde, pur amando i libri e la letteratura, non ci rincresce la chiusura di una libreria. In fondo si tratta di un esercizio commerciale. Il cui unico scopo è pur sempre l'utile. Non si tratta mica di un servizio sociale. E poi i libri continuano ad essere pubblicati, commercializzati e - talvota - anche letti.
Se il celeberrimo Travel Bookshop di Notting Hill è costretto a chiudere i battenti è solo colpa della crisi. E anche di tutti quei lettori forti che ormai trovano più comodo farsi recapitare i volumi a casa al prezzo di copertina tramite un semplice acquisto su internet. È il prezzo della modernità.

Non è di certo l'effetto di un decadimento dei costumi o di un imbarbarimento generale.

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