da Milano
La sfida cruciale sarà a settembre nella sede dell'Abi, ma nel rinnovo del contratto nazionale non mancheranno di farsi sentire i «punteggi» ottenuti in questi mesi da banchieri e sindacalisti nella definizione dei piani industriali di Intesa Sanpaolo, Unicredit-Capitalia, Banco Popolare e Ubi.
Sono i nuovi poli del credito del Paese, la cui nascita poggia, in nome delle sinergie imposte dal confronto con i big internazionali, anche su una forte riduzione delle strutture: poco più di 13mila gli esuberi volontari individuati nel sistema da inizio anno. Malgrado tutto avverrà con incentivi e senza strappi grazie al ricorso allo specifico fondo di categoria, il numero di quanti rinunceranno al lavoro equivale al 4% circa delluniverso dei 316mila bancari calcolati da Bankitalia. Faranno seguito l'apertura di nuove agenzie e assunzioni, ma nella preparazione della «dieta» sono emerse le diverse filosofie dei banchieri che l'hanno prescritta e contrattata con le forze sociali. Come l'ad di Unicredit, Alessandro Profumo, che nel matrimonio con Capitalia ha ottenuto dai sindacati l'assenso alle uscite prima della presentazione del piano industriale. Lapproccio di Piazza Cordusio potrebbe diventare il volano per il contratto dell'intero settore: «L'intesa raggiunta nei quattro principali gruppi del Paese dovrà trovare un riflesso anche sul tavolo nazionale», sintetizza il segretario generale della Fiba-Cisl Giuseppe Gallo, evidenziando come dopo l'estate alla ripresa delle trattative una delle cifre distintive sarà l'occupazione, anche perché rispetto alle ristrutturazioni degli anni Novanta, le fusioni attuali poggiano su gruppi in salute. Gli accordi riflettono peraltro anche una ritrovata coesione sindacale, sottolinea Lando Maria Sileoni evidenziando come la Fabi, di cui è segretario generale aggiunto, «abbia consolidato il proprio ruolo nel sistema, rafforzando l'alleanza con la Fiba e iniziando un dialogo costruttivo con Fisac e Uilca».
Allo stesso scenario sembra condurre anche il caso Banco Popolare, dove l'ad, Fabio Innocenzi, oltre a prevedere una sorta di «premio di fusione» per i dipendenti ha promesso di aumentare di 300 il numero degli addetti entro il 2010 al netto delle 1.300 buste paga da eliminare. Probabilmente un segnale politico da parte del banchiere veronese cui è affidata la guida della delegazione dell'Abi che cura i rapporti con i sindacati. Simile il savoir faire dimostrato sia da Francesco Micheli, che ha completato la gran parte dei 6.500 esuberi previsti dall'ad Corrado Passera per Intesa Sanpaolo, sia dal vertice di Ubi, che ha chiuso l'accordo alla vigilia di Ferragosto abbinando alle 1.700 uscite incentivi e impegni verso i figli dei dipendenti. «Il condirettore generale Graziano Caldiani ha dimostrato intelligenza politica e sensibilità sociale», sintetizza Sileoni, anche se il prossimo nodo sarà «rispettare, nella suddivisione della rete, la presenza storica delle singole banche in ogni regione». Ancora aperto, invece, il fronte della Popolare di Milano, al cui orizzonte rimangono possibili interventi correttivi sul piano industriale.
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