È una bttuta del senatore democratico Dick Durbin quella che rimarrà come uno dei momenti più interessanti della lunga audizione di Mark Zuckerberg davanti alla commissione riunita dal Congresso statunitense. Arrivato a Washington per rispondere delle accuse avanzate a Facebook, soprattutto dopo lo scandalo emerso per l'utilizzo dei dati fatto dalla società Cambridge Analytica, il fondatore del social si è sentito rivolgere una domanda che forse non si aspettava.
"Si sentirebbe a suo agio nel condividere con noi il nome dell'hotel in cui ha pernottato?", ha chiesto Durbin a Zuckerberg, ottenendo come risposta un "no" piuttosto imbarazzato e diverse risate da parte di quanto stavano assistendo all'audizione. "E se questa settimana avesse mandato un messaggio a qualcuno, ci mostrerebbe i nomi di queste persone?", ha continuato.
Una domanda a cui anche il fondatore del social si è visto obbligato a rispondere: "Senatore, no, probabilmente sceglierei di non farlo io". "E forse è proprio questo il punto - ha risposto Durbin - Il suo diritto alla privacy, i limite di questo diritto e quanto nella moderna America si sia disposti a cedere per connettere la gente in tutto il mondo".
Il punto del senatore, introdotto con una battuta piuttosto ben riuscita era quello di capire quali informazioni Facebook stesse raccogliendo, a chi le stesse fornendo e
se il social avesse intenzione di chiedere il consenso degli utenti per farlo. Nel corso della lunga udienza, Zuckerberg si è scusato nuovamente per le mancanze di Facebook. Un "mea culpa" che non a tutti i presenti è bastato.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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