Ciampi: l’Italia è in ripresa Si dia priorità all’economia

Il monito del capo dello Stato: «L’agenda delle istituzioni si basi sui problemi reali del Paese»

Ciampi: l’Italia è in ripresa Si dia priorità all’economia

Massimiliano Scafi

da Roma

Due buone notizie. Ecco la prima: «La fase discendente della congiuntura economica sembra in esaurimento». La seconda, dice Carlo Azeglio Ciampi, è che ci sono pure dei «segnali di ripresa»: e così, anche grazie «allo scudo dell’euro», spiega il presidente, l’Italia non è stata «spazzata via» dalla globalizzazione. Ma c’è anche una notizia cattiva: invece di concentrarsi sulla situazione economica, che è la vera priorità del Paese, il Parlamento perde troppo tempo appresso a cose meno importanti, come devoluzione e legge elettorale. Perciò d’ora in poi, ammonisce il capo dello Stato, «l’agenda delle istituzioni si basi sui problemi reali dell’Italia» perché «il benessere della comunità riguarda tutti e incide direttamente sul nostro successo».
Parole soft per un avvertimento preciso: concentriamoci sulle cose fondamentali. Già un mese fa, a Chieti, Ciampi aveva lanciato il suo avviso ai naviganti: in primavera si vota e quindi bisogna «impiegare i pochi mesi che ci rimangono prima della fine della legislatura per dare risposta ai problemi più urgenti della società». E ora torna sull’argomento in una cornice ancora più formale, la cerimonia al Quirinale per la consegna delle onorificenze ai nuovi cavalieri del lavoro, davanti a industriali, ministri, vertici della Repubblica e al presidente del Consiglio, che ascolta in silenzio e che ribatterà più tardi. «Le imprese - dice - possono e devono contribuire al dialogo sociale e a un dibattito delle idee sul futuro della nazione, sull’agenda delle istituzioni che si basi sui problemi reali dell’Italia». Problemi solidi, concreti. Come il debito pubblico, «una tematica di cruciale importanza per la sosteni-bilità degli equilibri finanziari complessivi e in definitiva per le possibilità di sviluppo del nostro Paese».
Certo, aggiunge, si comincia a vedere un po’ di luce in fondo al tunnel, la «fase discendente sembra in esaurimento» e ci sono «segnali di ripresa». Il quadro di Ciampi è in chiaroscuro: «Viviamo un momento difficile, l’onda d’urto della globalizzazione dei mercati ha avuto una pervasività, una dimensione al di là delle previsioni più spinte. Eppure in questo periodo l’impresa italiana ha saputo rimanere sui mercati, ha avviato alleanze fecondo con università e centri di ricerca». Le prospettive sono dunque incoraggianti, «l’Italia non subirà un lento processo di de-industrializzazione». E se l’abbiamo quasi scampata, nonostante i devastanti crac Cirio e Parmalat, per il capo dello Stato è merito soprattutto della moneta unica, «la diga che ci ha protetto anche dalle ripercussioni di crisi di importanti imprese e dai loro riflessi».
Ma non bisogna distrarsi e non bisogna pensare che la tempesta sia del tutto passata, perché «c’è ancora molto da lavorare». Ecco quindi i consigli tecnici che il presidente, da ex governatore e ex ministro dell’Economia, si sente di dare alla classe politica. In questo decennio, nota, il lavoro è diventato più flessibile, il numero degli occupati è aumentato ma il Pil è rimasto fermo e abbiamo indici di produttività il diminuzione. «Come si spiega in termini economici? - si chiede - Occorre approfondire». Si riaffaccia la ripresa, «ma come consolidare la tendenza espansiva?», insiste. Con più investimenti, risponde, con più impegno ma soprattutto con «delle misure mirate di politica economica». Ad esempio, risorse per la formazione dei giovani. Oppure, «un rilancio dei distretti industriali».
Però attenzione. «In anni di stagnazione abbiamo cercato di dare una fiducia non cieca ma basata sull’analisi dei punti critici». E oggi «non basta sostenere i consumi, occorre sostenere anche l’offerta», rinnovando le macchine e gli impianti. E giù i prezzi: «Le nostre imprese devono riconquistare il consumatore italiano con politiche di qualità di prezzo appropriate e con una distribuzione più efficiente».

Su questo «c’è molto da fare: le statistiche Ocse vedono l’Italia sempre agli ultimi posti». Un caso su tutti, il calo nel turismo: «Noi però non possiamo permetterci un avvitamento in un settore così vitale - conclude Ciampi -. Ne avrebbe gravi danni anche l’industria manifatturiera».

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