Fabrizio de Feo
da Roma
La nebbia della reciproca diffidenza resta fittissima. E così, anche se a parole tutti si dicono pronti a lavorare per favorire il dialogo almeno sullelezione del Capo dello Stato, lascia di guerra continua a brillare, nascosta sotto le vesti di entrambi gli schieramenti.
In giornata è Romano Prodi a riattizzare il fuoco, invitando Silvio Berlusconi a «chiedere scusa e riconoscere le sconfitta». Richiesta ovviamente irricevibile, rispedita al mittente dal portavoce del premier, Paolo Bonaiuti. «Silvio Berlusconi ha dimostrato di voler avviare una seria trattativa aprendo due volte allUnione: la prima martedì scorso, la seconda con la lettera al Corriere della Sera. Ma da Prodi vengono solo risposte muscolari di chiusura» sostiene il sottosegretario alla presidenza del Consiglio. «LItalia è divisa perfettamente a metà dopo il voto di domenica scorsa e, in questa situazione, non vanno certo bene delle prove di forza. In questa situazione di profonda spaccatura Prodi che fa? Non ricuce ma sparge sale sulla ferita».
Il ping pong naturalmente non si ferma. E da lì a poco arriva la controreplica dal portavoce di Prodi, Silvio Sircana, che ribadisce come lUnione sia decisa a tentare la «missione governo» a tutti i costi, sfidando la logica dei numeri e delle maggioranze ballerine. «Le cannonate ce le siamo prese noi per tutta la campagna elettorale. Bisogna smetterla di giocare con questa storia del paese spaccato. Se le elezioni le avessimo vinte 52 a 48 si sarebbe detto lo stesso che lItalia era spaccata. Dopo la sfida Bush-Kerry - aggiunge - nessuno ha detto che gli Stati Uniti erano spaccati a metà. Se non ricordo male, in campagna elettorale un signore aveva detto che questa legge elettorale era perfettamente democratica e che quindi chi avrebbe preso un solo voto in più avrebbe governato. E sicuramente se avesse vinto la Cdl con un voto in più Berlusconi avrebbe governato, basta con questo buonismo della Casa delle libertà perché non ci crede nessuno. Loro le elezioni le hanno perse. E, dopo tutti gli insulti che ci hanno riversato contro, accusandoci anche di brogli, devono chiedere scusa. Non si accettano lezioni di bon ton politico, né di senso dello Stato da chi ha incendiato le polveri fino a ora», conclude Sircana.
Se il fronte delle larghe intese resta infuocato, unaltra disputa si profila allorizzonte: quella sulla prospettiva di un possibile dietrofront di Carlo Azeglio Ciampi sullincarico da assegnare a Romano Prodi. Il Capo dello Stato soltanto pochi giorni fa ha fatto sapere che sarà il suo successore a «investire» il Professore delle sue responsabilità di governo. Una scelta che implicherebbe un limbo istituzionale molto lungo e che appare poco gradita allUnione. Fatto sta che ora circola con forza questa ipotesi: le dimissioni del premier sconfitto scatterebbero la sera del 29 aprile, dopo la riunione delle Camere per eleggere i nuovi presidenti. Tra il 2 e il 3 maggio potrebbero essere nominati i capi dei gruppi parlamentari. A quel punto Ciampi e il premier in pectore potrebbero tornare a incontrarsi. E se Prodi offrisse una doppia rassicurazione - quella di presentare una squadra di governo già definita e quella di poter incassare la fiducia parlamentare prima dellinizio delle votazioni per il Quirinale - allora il grande ripensamento potrebbe scattare e potrebbe arrivare il via libera del Capo dello Stato.
Lipotesi, ovviamente, non provoca certo reazioni entusiastiche dalle parti del centrodestra. «Riteniamo prive di senso, perché sarebbero uninaccettabile forzatura, le ipotesi apparse su alcuni giornali di unaccelerazione dei tempi per quello che riguarda il conferimento dellincarico a Prodi» commenta Fabrizio Cicchitto, vice coordinatore di Forza Italia. «Vediamo che Prodi non ha ancora capito che larroganza è una cattiva consigliera. Per di più larroganza ripetuta e insistita rischia di sconfinare nellottusità».
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