Cultura e Spettacoli

Ciampi parla di cinema, Moretti non parla di politica

Il regista del Caimano rifiuta commenti post-elettorali. E Michele Placido lo attacca ancora: «Il suo film, troppo celebrato, credo abbia portato consensi al centrodestra»

da Roma

Il più sorpreso è lo stesso Verdone che si chiede: «Ma come mai non c’è Silvio Muccino?». E in effetti ieri al Quirinale stonava l’assenza del golden boy del cinema italiano candidato, insieme ai compagni di viaggio Pasquale Plastino, Silvia Ranfagni e allo stesso Verdone, come miglior sceneggiatore per Il mio miglior nemico. Un’assenza che forse si spiega con la rottura tra Silvio Muccino e il produttore Aurelio De Laurentiis, con cui è probabile non tornerà più a lavorare. Nell’immediato però sembra che non ci siano altre preoccupazioni per Carlo Verdone, più che entusiasta dell’accoglienza riservata dal pubblico alla sua ultima fatica. Il mio miglior nemico viaggia infatti sui diciotto milioni di euro d’incasso, oltre ad aver ricevuto ben undici candidature agli ormai prossimi David di Donatello. Ma su questo versante l’attore e regista romano ha le idee ben chiare: «Ho l’impressione che i premi maggiori verranno spartiti tra Romanzo criminale e Il caimano, ma non mi interessa più di tanto perché il risultato importante è solo quello del pubblico, di statuette poi in tutti questi anni ne ho già ricevute sette».
Verdone che annuncia con una certa soddisfazione l’uscita in giugno dei suoi primi due film Un sacco bello e Bianco rosso e Verdone in dvd Medusa, naturalmente «con un sacco di extra», traccia anche un piccolo bilancio della sua carriera: «Credo di aver raggiunto il mio apice sia come regista che come attore. Non è certo facile avere dopo trent’anni la stessa energia degli inizi e una voglia sempre nuova di osservare la realtà».

Ma in fondo la sua è sempre una ricetta che funziona, «quella della commedia popolare in chiave tragicomica» rivela prima di lanciare un monito ai critici e forse anche ai giurati del David: «Attenti a non penalizzare la commedia che alla fine salva sempre il cinema italiano».

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