Presidente Cicchitto, come giudica il voto sulla richiesta di arresto per Cosentino? Una brutta pagina per la politica o un segnale di risveglio?
«Mi sembra ci sia stata una reazione da parte del Parlamento di fronte alla quinta richiesta di arresto di un membro delle Camere. Il Pdl ha votato compatto, così come i Radicali, a cui si è aggiunta larga parte della Lega e qualche spicchio di Pd e Udc. Una maggioranza ampia che equivale a un segnale e a una risposta».
Cosa risponde a chi sostiene che questo voto certifica che la «casta» può salvare i suoi esponenti?
«L’istituto attiene alla qualità e alla necessità di tutela del Parlamento e non blocca il procedimento penale ma soltanto la carcerazione preventiva. Sfido chiunque abbia letto le carte a dimostrare che vi fosse pericolo di fuga, rischio di inquinamento delle prove o di reiterazione del reato. In realtà come prove siamo proprio a zero».
C’è chi torna a chiedere l’abolizione di questa guarentigia.
«L’immunità parlamentare - che nella forma originaria, molto più incisiva dell’attuale non c’è più - sta in Costituzione, la stessa Costituzione che viene idolatrata o messa sotto i piedi a seconda delle convenienze. Accettare l’istituto dell’“arresto libero” del parlamentare vuol dire dare il potere alla magistratura di smontare a proprio piacimento le maggioranze uscite dalle urne».
Il fatto che Cosentino sia un parlamentare ha inciso sulla richiesta di arresto?
«Sì, non credo affatto che se fosse stato un cittadino normale si sarebbe arrivati a chiederne l’arresto. Certo se poi il teorema è quello di Saviano che sostiene che Cosentino andava arrestato “per definizione”, in quanto coordinatore campano del Pdl, ex sottosegretario all’Economia e nativo di Casal di Principe, allora si può anche procedere direttamente con la forca».
Casini sostiene che il voto sia stato «un grave errore politico».
«Dichiarazione singolare. Abbiamo votato per decidere se un parlamentare, una persona, dovesse o no andare in carcere. Nostro compito era valutare il fumus persecutionis. Fare arrestare qualcuno per opportunità politica mi fa venire i brividi».
In tempi di antipolitica molti non avranno apprezzato il vostro voto.
«È aberrante dire che siccome c’è il vento dell’antipolitica ci conviene assecondarlo sulla pelle delle persone. Così come altrettanto eclatante è la posizione di Veltroni che sostiene che è stato inferto uno schiaffo ai magistrati, stabilendo che siamo tenuti a rendere loro omaggio e a proclamare la nostra subalternità. Piuttosto queste posizioni così particolari fanno venire un dubbio».
Quale?
«Quando vedi che partiti che non hanno mai sposato acriticamente le posizioni della magistratura, cambiano rotta in questo modo ti viene il sospetto che il retropensiero fosse quello di provocare la crisi e lo smottamento del Pdl a colpi di arresti».
La posizione della Lega certifica un riavvicinamento della vecchia maggioranza di governo?
«Non risolve le differenze politiche sul governo ma certifica il rapporto che ancora unisce Pdl e Lega su alcuni valori. Un filo che può riannodarsi in vista delle prossime amministrative».
La spaccatura tra Bossi e Maroni è un problema per voi?
«È una circostanza che dispiace. Per noi l’interlocutore è sempre stato Bossi che esprime l’anima profonda della Lega».
Questo voto cambia qualcosa nei rapporti con Monti?
«Il governo deve fare i conti con una grande forza parlamentare e non pensare che noi siamo costretti ad appoggiarlo comunque».
Pensate di staccare la spina al governo?
«Io sono uno di quelli che ha sostenuto che non avevamo alternative altrimenti avrebbero fatto ricadere su di noi la responsabilità di difficoltà che i fatti hanno dimostrato non essere nostre.
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