Cicchitto: «Lo scivolone? Solo un caso di faciloneria ma basta con le assenze»

«Bisogna darsi una regolata. Al momento del voto non c’ero neppure io, ero in giro come un cane pastore a cercare chi mancava...»

da Roma

Onorevole Cicchitto, cosa è successo martedì in aula? Come ha fatto una maggioranza dai numeri così schiaccianti a uscire sconfitta alla Camera, sia pure su un emendamento dal valore marginale?
«È successo quello che io chiamo il “complesso dei cento” e cioè che in una situazione nella quale c’è un forte divario di presenze e di numeri tra maggioranza e opposizione, nella maggioranza si è instaurato una sorta di complesso di faciloneria. Il ragionamento è stato: siamo cento in più e allora ognuno può fare quello che vuole. Il problema è che se tutti ragionano così la maggioranza scompare».
Quello che è accaduto può essere un monito e un campanello d’allarme per il futuro? Pensa che ora i deputati «faciloni» abbiano capito che non si può sgarrare?
«La cosa fortunatamente è successa su un emendamento di nessun rilievo politico. Mi auguro, ovviamente, che tutto questo sia utile per il futuro e tutti si diano una regolata».
Da capogruppo è amareggiato per essere stato assente proprio in quella votazione?
«Non sono amareggiato. Sono dispiaciuto solo per il fatto che svolgendo anche la funzione di cane pastore, e cioè uscendo e girando per andare a ripescare i deputati in giro per la Camera, è capitato che io fossi fuori proprio nel momento in cui si votava. L’opposizione faceva il suo mestiere e graduava i tempi degli interventi proprio in base alle nostre presenze e assenze».
Le assenze avevano un qualche significato politico?
«Ma no, assolutamente. Si tratta di incidenti che capitano nell’attività parlamentare. La fortuna è che sia accaduto su una cosa di scarso rilievo. L’importante è che tutti gli assenti si rendano conto che non possono pensare che siano sempre gli altri a comporre la maggioranza mentre loro possono occuparsi della loro attività ministeriale o di altro. Oggi la situazione è molto migliorata e la maggioranza nel pomeriggio era assai netta».
Oggi, in un’intervista, Italo Bocchino, suo vicecapogruppo puntualizza che lui era presente in aula al momento del voto.
«Tra noi c’era una divisione del lavoro molto chiara. A fasi alterne uno entrava e l’altro usciva dall’aula per avvertire i deputati. In ogni caso mi ha telefonato di prima mattina per dirmi che il giornale aveva forzato le sue parole».
Per favorire una maggiore presenza in aula le dimissioni dei ministri e dei sottosegretari potrebbero essere utili?
«Sarebbero utili ma le ritengo difficili».
Perché avete deciso di ritirare la norma contestata sulle frequenze e riscriverla?
«Si è dimostrato in modo inequivocabile che il collegamento con la situazione di Rete4 che era stato fatto dall’opposizione era inesistente. Ma è anche un tentativo di riprendere un dialogo con il Pd isolando gli estremisti che sono rappresentati dall’Idv. Credo che oggi il Pd si accorga che ha messo in moto dei demoni».
Lei è davvero convinto che ci sia questa divaricazione tra Pd e Italia dei valori?
«Bisognerà capire se il Pd ha fatto un errore politico dando spazio all’Idv che, in qualche modo lo condiziona e lo strattona oppure se invece c’è un gioco tattico. Insomma se in qualche modo sono funzionali l’uno all’altro».
A quale «gioco» fa riferimento?
«Il rischio è che giochino a fare il poliziotto buono e il poliziotto cattivo. Devo dire che il fatto che si sia scatenato di nuovo l’ostruzionismo sulle televisioni riporta alla memoria una sorta di riflesso condizionato, una personalizzazione anti-berlusconiana. Io, invece, mi auguro che quanto è accaduto ieri pomeriggio sia il primo passo di un gentleman’s agreement foriero di buoni rapporti per il futuro».
Il primo test dei rapporti con l’opposizione sarà la trattativa sulla Vigilanza Rai. Manterrete il veto sull’assegnazione della presidenza della commissione all’Italia dei valori?
«Si tratta di una commissione di garanzia. Attribuirla a chi vuole cavalcare la tigre e come sua missione cerca soltanto una contrapposizione frontale e radicale suscita in noi una forte obiezione. In passato il criterio è sempre stato quello della ragionevolezza delle scelte. Vogliamo evitare che quella commissione diventi il centro di una rissa permanente».


Da circa un mese lei è presidente del gruppo unico del Pdl. Qual è il suo primo bilancio?
«La mia valutazione è positiva. C’è un gran lavoro da fare con un gruppo così grande, composto da persone che hanno forti individualità. In ogni caso ho l’ottimismo della volontà».

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